A più di tre settimane dalla morte della 22enne Mahsa Ahmini, assassinata dalla polizia per aver disobbedito alle rigide leggi iraniane, che obbligano le donne a indossare l’hijab – o velo islamico – le proteste continuano a imperversare nelle strade di tutte le principali città.
Sabato, i manifestanti sono persino riusciti a entrare nello studio del più influente notiziario iraniano per trasmettere il loro messaggio a tutto il paese.
Le immagini del dittatore Ali Khamenei, impegnato in un incontro con funzionari statali, è stata sostituita da immagini di manifestanti morti nella violenta repressione del dissenso in Iran. Il canto popolare “donna, vita, libertà”, che è diventato lo slogan delle proteste, è stato incorporato in una canzone, di cui è stato trasmesso un estratto, così come gli inviti agli spettatori a “protestare contro la dittatura repressiva”.
La prima linea della rivoluzione iraniana è composta principalmente da donne, ragazze, bambine, stanche della repressione violenta da parte di un governo che le costringe al silenzio e le priva della libertà di scelta. Tante hanno perso la vita.
Ma proprio dietro alle donne iraniane è possibile trovare un’altra comunità ferita e vilipesa dall’integralismo religioso: quella LGBTQIA+.
È una battaglia i cui principi si intersecano e si fondono con tante battaglie, ed è forse proprio per questo che le strade sono così piene.
Ed è proprio per raccontare e dare risonanza la lotta della comunità LGBTQIA+, che il collettivo @rangallery_ir ha pubblicato un comunicato, tradotto e diffuso da Matteo Rastelli – aka @rastelling – su Instagram, che pubblichiamo in versione integrale.
“Da giorni le strade dell’Iran sono state turbolente: una turbolenza nata dalle lotte civili e dalla resistenza all’ingiustizia e alla tirannia della Repubblica islamica.
Questa resistenza – una lezione di libertà per tutti i popoli del mondo – è una questione di vita o di morte per le persone che hanno sentito l’ingiustizia e la tirannia della dittatura totalitaria della Repubblica islamica sulla loro pelle, carne, sangue e ossa.
È chiaro che un numero considerevole di persone presenti nelle strade iraniane, ora sollevate contro l’oscurità e la tirannia, sono membri della comunità LGBTQIA+: un gruppo che è stato a lungo uno dei più danneggiati dalla Repubblica islamica e dalle sue leggi violente e discriminatorie, dalla fustigazione e dall’esecuzione per le relazioni non cis-etero, alla promozione e alla legittimazione della violenza e discriminazione contro tutti i suoi membri, attraverso tutta la società iraniana.
L’ingiustizia è destinata ad essere sconfitta.
Ciò che rimarrà è il coraggio e il libero spirito del popolo nel sollevarsi e resistere. L’ascesa del popolo iraniano, compresi i membri della comunità LGBTQIA+, per sradicare l’ingiustizia è un brillante esempio di questo principio. Insieme a tutti gli iraniani, i membri della comunità LGBTQIA+ iraniana, nonostante anni e anni di repressione e uccisioni, si sono alzati come cedri contro l’ingiustizia, tutti i loro rami fruscianti di coraggio, resistenza e libertà da ascoltare per il mondo intero.
È giunto il momento per le persone di tutto il mondo, in particolare i leader mondiali – se credono davvero nei principi di libertà, uguaglianza, democrazia e Dichiarazione Universale dei Diritti Umani – di stare al fianco del popolo iraniano.
Il presidente degli Stati Uniti Joe Biden, nel suo recente discorso alle Nazioni Unite, ha parlato del sostegno degli Stati Uniti ai diritti delle donne e della comunità LGBTQIA+.
Va ricordato che è impegnato in negoziati con un governo basato sull’apartheid di genere e sul bigottismo sistemico contro i membri della comunità LGBTQIA+.
Il presidente francese, Emmanuel Macron, se davvero impegnato nei principi della libertà di parola e dell’uguaglianza, deve considerare la coerenza delle sue convinzioni e azioni prima di stringere la mano e incontrare un presidente dell’Iran che ha apertamente attaccato persone gay, lesbiche e bisessuali nei suoi discorsi pubblici.
A tutti i leader mondiali, che si considerano impegnati per i diritti umani, dal Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda, dalla Repubblica di Francia, dalla Repubblica Federale Tedesca al Commonwealth del Canada e agli Stati Uniti d’America, noi membri della comunità LGBTQIA+ iraniana e l* attivist*, diciamo risolutamente e senza mezzi termini: ora che il popolo iraniano, con tutte le sue differenze, si è unito e sta a fianco a fianco contro l’ingiustizia, l’oscurità, l’ignoranza e la tirannia della Repubblica Islamica, un dovere solenne è di non sedersi a un tavolo di negoziazione con i leader di questo regime dittatoriale e autoritario.
In tali condizioni, qualsiasi tipo di accordo con un tale governo significherebbe l’approvazione del massacro di milioni di persone, in particolare i membri della comunità LGBTQIA+, e segnerebbe una pagina sanguinosa nella storia delle relazioni internazionali dei paesi”