L’ULTIMO NATALE DI WANDA JEAN

Rigettato l’estremo appello di grazia per una lesbica di colore con gravi problemi psichiatrici che ha ucciso la sua compagna per difendersi dalle percosse. Ma la legge è davvero uguale per tutti?

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USA – È stata rigettato il ricorso della lesbica Wanda Jean Allen, condannata a morte dallo stato dell’Oklahoma per l’assassinio di Gloria Leathers. Il 15 Dicembre scorso la giuria riunitasi per discutere la sua richiesta di grazia ha votato tre a uno contro il suo ultimo, disperato appello. Ora la Allen dovrà affrontare la morte – tramite iniezione letale – il prossimo 11 Gennaio. Wanda Jean Allen, 41 anni, sarà la prima afroamericana ad essere giustiziata negli USA da quando fu reintrodotta la pena capitale nel 1976. La donna venne incarcerata per omicidio di primo grado dopo aver sparato alla sua partner Gloria Leathers nel Dicembre 1988. Le due si erano conosciute in prigione, dove la Allen stava scontando una pena per omicidio colposo (non premeditato). La vittima di quel primo omicidio – avvenuto a Tulsa nel 1979 – era la sua partner precedente, Dedra Pettus. Nonostante le apparenze, però, Wanda Allen non è una serial killer, anzi: sembra invece che tendesse a trovarsi compagne piuttosto manesche. Troppo. Wanda e la Leather avevano spesso alterchi violenti, e di frequente era la Allen a prenderle. Non di rado una delle due – a turno – chiamava la polizia per frenare l’aggressività

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della compagna. Il giorno dell’omicidio avevano iniziato a litigare facendo shopping, hanno continuato l’alterco a casa e l’hanno terminato davanti alla stazione della polizia, dove sembra che la Allen si stesse recando per denunciare la compagna che l’aveva sfregiata in volto con un rastrello. Proprio per impedire la denuncia la Leathers avrebbe aggredito nuovamente la Allen di fronte al commissariato, e questa si sarebbe difesa sparando alla compagna, che morì in ospedale quattro giorni più tardi. Diversi gruppi di gay e lesbiche si sono uniti ai movimenti contro la pena di morte nel prendere le difese della causa di Allen, basandosi sul suo basso quoziente intellettivo (Q.I. 69) e su alcuni problemi mentali derivati da un trauma infantile al cervello (a 12 anni venne investita da un camion e a 14 ricevette una coltellata alla tempia sinistra), elementi emersi solo dopo la sentenza. Viene criticata inoltre l’inadeguata rappresentanza legale, dato che fu il primo caso capitale del suo avvocato – costato solo 800 dollari – e il fatto che il processo fosse viziato da classismo, razzismo e omofobia latente. Il basso budget del suo avvocato inoltre impedì qualsiasi ricerca investigativa sull’incapacità di intendere e volere della Allen.

Continua nell’altra pagina…Solo a processo concluso, nel 1995, una esaustiva analisi psicologica su Wanda Jean Allen riscontrò disfunzioni dell’emisfero cerebrale sinistro, che inficiavano la sua capacità di comprensione, di esprimersi logicamente e l’abilità di analizzare la relazione tra causa e effetto, concludendo che "la Allen tende a perdere l’autocontrollo quando è sotto tensione". Durante il processo l’atmosfera era elettrica. Wanda Allen ha detto alla giuria "Voglio vivere, sono davvero dispiaciuta e mi vergogno di ciò che ho fatto", terminando la sua dichiarazione implorando "Vi prego, lasciatemi vivere"! In quel momento uno dei fratelli della Leathers ha gridato: "Questa è la stessa cosa che ha chiesto mia sorella"! Anche la madre della prima vittima, la signora Pettus, è salita sul banco dei testimoni, sostenendo che se la giustizia non si fosse mostrata troppo clemente nei confronti della Allen dopo la morte di sua figlia, condannandola a quattro anni e rilasciandola sulla parola dopo solo un anno mezzo, ora la Leathers sarebbe ancora viva. Sarà pur vero, ma viene da domandarsi dove fossero gli assistenti sociali e gli psicoanalisti che avrebbero dovuto aiutarla a reinserirsi nella società. Intanto il Reverendo Robin Meyers della Mayflower Congregational Church incredibilmente ha preso le difese della Allen, sostenendo che se fosse presente Gesù l’avrebbe perdonata dicendole: "Va’, e non peccare più". L’assistente distrettuale Sandy Howard invece ha lottato strenuamente contro la clemenza per la Allen, affermando che aveva già avuto la sua opportunità di "non peccare più" dopo l’omicidio della Pettus. Di avviso differente Tonya McClary, la quale sostiene che la giuria al momento della sentenza era all’oscuro di tutti i dati inerenti l’instabilità mentale e la lite precedente allo sparo. La tragedia della Allen non è un caso isolato: pare che il 40% di tutte le donne attualmente nel braccio della morte in USA siano lesbiche. Le lesbiche uccidono più delle altre donne o sono semplicemente un facile bersaglio per la giustizia? Una donna lesbica viene giudicata con un metro di giudizio differente sul piano del valore morale anche nell’aula di un tribunale? E, soprattutto, se si fosse trattato di una donna picchiata a sangue dal marito che reagisce per difendersi, il verdetto sarebbe stato lo stesso?

di Lily Ayo

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