Con questo articolo inizia la sua collaborazione con Gay.it Claudio Finelli, docente napoletano di un liceo scientifico, scpoeta, autore per il teatro e organizzatore di eventi culturali nella città partenopea, critico letterario per l’edizione italiana di Le monde diplomatique e critico teatrale per Corrierespettacolo e Teatro.org. E’ anche Presidente di Arcigay Campania. Noi gli diamo il benvenuto, felici di questa prestigiosa collaborazione.
Avete presente le tele di Novella Parigini? La scandalosa pittrice esistenzialista, legata alla Dolce Vita romana, che aveva il suo studio a Via Margutta e ritraeva figure femminili con gli occhi di gatto? Ecco, non tutti sanno che la modella di molte tele della Parigini fu la Tarantina, bellissimo femminiello di origini pugliesi e d’adozione napoletana, che visse per alcuni anni a Roma, quando era ancora minorenne.
La Tarantina è oggi una figura “totemica” dei Quartieri Spagnoli, ventre storico e popolare di Napoli, un dedalo di vicoli e stradine abbarbicate tra Via Roma e Corso Vittorio Emanuele, da sempre “rifugio” di un’umanità asistematica, degli artisti, delle prostitute e – appunto – dei femminielli.
Quello dei femminielli, come si legge in “Corpi sull’uscio identità possibili” di Eugenio Zito e Paolo Valerio (Filema, 2010), è un fenomeno particolarissimo e tutto napoletano, un fenomeno ormai al tramonto, di uomini “che sentono e vivono da donna”. Un fenomeno, insomma, che può essere inserito sotto il capiente ombrello del transgenderismo ma non può essere ridotto a mero travestitismo, il femminiello è “l’archetipo di un genere altro che è insieme arcaico e post-moderno”, un archetipo ormai in via d’estinzione (anche se va segnalata l’esistenza di un’associazione, l’A.F.A.N. Associazione Femminell Antiche Napoletane che si preoccupa di raccogliere e conservare documenti e materiale relativo alla storia dei femminielli napoletani).
Uno degli ultimi femminielli che potete ancora incontrare a Napoli, però, è proprio la Tarantina (al secolo Carmelo Cosma, nato il 22 marzo 1936): la potete incontrare fuori alla sua abitazione che sorseggia il caffè al mattino, insieme agli altri abitanti del vicolo, o che passeggia per via Toledo con gli amici di sempre, spesso legati al mondo del teatro e dello spettacolo, che la riempiono di coccole e di attenzioni. Oppure capita che la incontrate seguita da una troupe televisiva, casomai straniera, incuriosita da quel che è e dal fenomeno dei femminielli.
Da meno di un mese, è possibile saperne di più sulla Tarantina grazie ad un film documentario realizzato dal regista Fortunato Calvino e prodotto dall’Università degli Studi di Napoli Federico II (Centro SINAPSI). Si tratta del primo, di una serie di documentari che Fortunato Calvino vuole dedicare alla vita della Tarantina. In questo “primo capitolo”, la Tarantina ci racconta del suo arrivo a Napoli, del suo avvio alla prostituzione, delle retate e delle botte prese dalla polizia e poi della vita a Roma con Pasolini, Alberto Moravia, Laura Betti e tanti altri protagonisti di quei fantastici anni ’50.
Oggi, il documentario di Calvino, ci mostra una Tarantina quasi ottantenne ma lucida e vivace nel mettere insieme le tessere della sua vita rocambolesca, dei suoi amori appassionati ma quasi mai duraturi, della generosità e della gioia di vivere che ha contraddistinto tutta la sua vita. D’altronde, già qualche anno fa, l’interesse per la vita della Tarantina era stato suscitato dal libro di Gabriella Romano, Tarantina e la sua “dolce vita” (Ombre Corte, 2013). Questo libro, che è il racconto autobiografico della Tarantina raccolto da Gabriella Romano, è corredato anche da alcune strepitose foto di repertorio del femminiello da giovane e da diverse informazioni che potrebbero interessare il lettore, come quelle relative alla lunga amicizia tra Tarantina e un grande intellettuale italiano come Goffredo Parise.
Comunque sia, Tarantina incarna certamente quest’identità “altra” radicata in maniera solida nel tessuto antropologico-culturale di Napoli. D’altronde la letteratura napoletana è piena di femminielli, basti pensare a Giuseppe Patroni Griffi con il meraviglioso personaggio di Rosalinda Sprint in “Scende giù per Toledo” o ad Annibale Ruccello con la sua Jennifer protagonista del dramma “Le cinque rose” fino ad arrivare ai casi recentissimi di Maurizio De Giovanni che introduce il personaggio di Bambinella nel romanzo “Il posto di ognuno” o Antonella Ossorio che nel bellissimo romanzo “La Mammana” crea il personaggio di Lucina, femminiello e madre amorevole, coraggiosissima eroina nella Napoli feroce e popolare della metà del 1800.