A due anni dal precedente disco “Lust for Life”, Lana Del Rey pubblica il suo atteso nuovo album di studio, “Norman Fucking Rockwell“.
Il quinto album di studio della cantante Baroque-Pop americana, dopo due album influenzati dall’hip hop, ci riconduce, nel sound e nello spirito, allo stile di “Ultraviolence”, per molti il suo miglior disco.
La nuova fatica discografica di Elizabeth Woolridge Grant, suo vero nome, è stata scritta e prodotta a quattro mani con il produttore Jack Antonoff.
Ex chitarrista dei Fun., Jack Antonoff lavora da anni con Taylor Swift (ha, tra l’altro, prodotto 8 canzoni del suo ultimo disco “Lover“), Lorde e ha anche prodotto la colonna sonora del film LGBT+ “Tuo, Simon“.
Da un produttore con questo background ci si sarebbe aspettati un altro tipo di disco da Lana Del Rey, che invece sceglie un’inversione di marcia ed un ritorno alle origini. E ha fatto benissimo.
Il nuovo disco segna un ritorno alle origini
Il risultato è un disco complesso, molto lento ed essenziale, ma che rivela tutte le qualità maggiori della Del Rey, proprio grazie a questo sound ‘spogliato’, fragile, che espone la sua grande ed intrigante personalità musicale.
L’artista 34enne ha descritto il nuovo album come un “mood record“, una raccolta inebriante di canzoni psico-rock e piano, nel quale ogni brano si riversa nell’altro, un po’ come fosse un’unica lunga canzone.
Brani come “Mariners Apartment Complex”, “Cinnamon Girl” e “Venice Bitch” ricordano un po’ le atmosfere di uno dei suoi singoli più famosi ed amati, “Video Games“.
Si distingue dalle altre, perché più “vitale”, la cover di “Doin ‘Time” dei Sublime che, da un punto di vista sonoro, è un ritorno a suoni già sentiti nei suoi dischi “Born to Die” e “Honeymoon”.
Norman Rockwell, l’uomo che ha ispirato il nuovo disco di Lana Del Rey
Il titolo dell’album fa riferimento diretto a Norman Rockwell, famosissimo illustratore americano del ‘realismo romantico’, famoso per aver realizzato 321 copertine, dal 1916 al 1963, per il ‘Saturday Evening Post‘.
Per anni ha ritratto la famiglia americana classica, felice, perché a sua detta “non riusciva a dipingere i cattivi”, tanto da apparire spesso ingenuo.
Nel corso della sua carriera, però, si è adattato ai mutamenti sociali (come la Seconda Guerra Mondiale) e la sua arte è diventata via via sempre più oscura, sofferente ed impegnata.
Fierezza, dolore, ironia, tolleranza e rispetto dei valori erano temi tanto cari all’illustratore e pittore americano quanto a “Norman Fucking Rockwell” di Lana Del Rey, che diventa quasi una continuazione post-mortem dello spirito dell’artista.
L’ispirazione e il senso che si cela dietro “Norman Fucking Rockwell“
È stato davvero strano. Stavo riflettendo su un paio di accordi che Jack Antonoff stava suonando – per la canzone che alla fine abbiamo intitolato “Norman Fucking Rockwell” – ed è lì che mi sono trovata a riflettere e scherzare sul sogno americano. E mi son detta: “Ecco, qui è dove siamo ora. Norman che scopa Rockwell. Andremo su Marte e Trump è Presidente, ok. Per quanto riguarda il titolo, beh, io e Jack scherziamo costantemente su tutti i titoli di giornale che ci vengono in mente e che potremmo leggere, ci diverte, quindi se vogliamo è anche un leggero riferimento culturale. Ma non è una cosa cinica, davvero. Cerco di vedere tutto come un po’ più divertente di quanto non sia in realtà. Il caos della cultura è interessante, mi affascina.
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