Les Vies de Thérèse, ecco l’intenso documentario su una delle più grandi femministe francesi

Pudico e commovente il lavoro testamentario di Sébastien Lifshitz: invita a riflettere su molti temi, tra cui il mondo dimenticato dell'anzianità.

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Thérèse Clerc è morta il 16 febbraio di quest’anno alla veneranda età di 88 anni ma di vite ne ha vissute davvero molte. È pertanto azzeccato il titolo dell’intenso documentario Les Vies de Thérèse di Sébastien Lifshitz (Presque rien, Wild Side) vincitore della Queer Palm al Festival di Cannes – era nella sezione laterale Quinzaine des Réalisateurs – e presentato ieri al Ze Festival di Nizza. In Italia non è molto nota, eppure la Clerc è stata una delle figure eminenti del femminismo francese, lesbica militante (“dall’età di 40 anni”, scopriamo dal doc, dopo aver avuto quattro figli), fondatrice di una residenza autogestita per anziane sole, La Maison des Babayagas a Montreuil. Era già stata intervistata in un precedente lavoro di Lifshitz, Les Invisibles, su personalità LGBT cresciute prima dei movimenti di liberazione che avevano scelto di vivere apertamente la propria omosessualità.

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Les Vies de Thérèse dà per scontato che lo spettatore abbia visto il precedente lavoro – non si accenna infatti alla Maison des Babayagas di cui si parla ne Les Invisibles – e questo è un po’ il limite di un doc testamentario intimo e intenso, concepito come un omaggio a una grande amica di cui la macchina da presa del regista, discreta e pudica, accarezza le rughe del volto, la pedina negli ultimi, dolorosi giorni di vita, divorata da un cancro (“Tutto mi stanca”). E così, gesti semplici e quotidiani come spelare un mandarino o pettinarsi lentamente si caricano di una valenza d’assoluto, come se il cinema potesse davvero fermare il tempo, celebrare l’attimo, restituire dignità a un corpo in rapido disfacimento (“Dobbiamo vedere la degradazione”, prega lei il regista quasi spaventato all’idea di seguirla fino alla fine). Vediamo i quattro figli, due maschi e altrettante femmine, intorno a una tavola, dove lei aveva mangiato con “maoisti, trotskisti e psicopatici”, nonché aiutato tante donne ad abortire dopo quell’anno chiave, il ’68, che l’ha vista divorziare la sera di Natale e scoprire un’altra vita, di fervente femminista. Li vediamo raccontare, commuoversi e piangere una grande donna che hanno amato e tentato di comprendere, per la difficoltà di capire la sua ‘reincarnazione lesbica’, dopo aver dedicato tutto alla crescita dei figli da madre piuttosto placida e sottomessa, repressa dall’educazione cattolica e dall’ambiente piccolo-borghese. Ma sembra anche l’elaborazione del lutto del femminismo, soprattutto nella bellissima scena in cui dialoga con una nipote, che non comprende bene il lesbismo come parte attiva del movimento femminista di allora, quasi preoccupata del fatto che lei, andando matta per i ragazzi, potesse non essere una valida femminista.

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È straziante vedere la luminosità di una donna battagliera e fieramente lesbica confrontata con i vilipendi corporali della malattia; la si vede addormentarsi lentamente e, grazie al prezioso montaggio del film, sognare immagini d’archivio dove partecipa a dibattiti televisivi, marcia orgogliosa, difende donne minacciate dall’odio antiabortista, alternata a fotogrammi di La linea generale di Ejzenstein e reportage politici degli anni ’60.

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Les vies de Thérèse conferma un filone fecondo del cinema LGBT contemporaneo, quello che ha dato le opere migliori degli ultimi anni, dedicato a personalità e storie legate alla terza età (Beginners, Love is Strange, Grandma) mentre in Italia se ne sta accorgendo anche la letteratura: è uscita recentemente una raccolta di racconti dal titolo Over60 – Men edita da Elmi’s World (Over 60 – Women è in via di pubblicazione). Thérèse a un certo punto dice: “Bisogna fare questo film perché c’è una negazione della vecchiaia e della morte”.

Sarà che il pubblico cinematografico è sempre più composto da anziani, ma questa riscoperta di una parte della società dimenticata ma in costante aumento ci sta davvero offrendo opere notevoli, che resteranno nel tempo.

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