I tempi stanno cambiando, anche per le lesbiche italiane. Se fino a qualche anno fa la visibilità, anche rispetto al resto del movimento LGBT, era bassissima, da un po’ di tempo a questa parte l’inversione di tendenza comincia a diventare evidente, merito, probabilmente, anche del notevole impegno che le donne mettono in tutte le attività di cui si occupano. A cominciare dal Pride.
“Fin dal corteo dello scorso anno a Torino, abbiamo avuto maggiore visibilità che in precedenza. E il Pride è certamente un’occasione importantissima per noi che possiamo sfruttare una visibilità a 360 gradi, come singole e come gruppi”. A parlare è Roberta Padovano, membro del direttivo del Circolo LGBT Maurice di Torino e parte del comitato organizzativo dell’ultimo Pride del capoluogo piemontese. “E’ molto importante che ormai sia pratica consolidata che tra i
portavoce del Pride ci sia sempre anche una rappresentante lesbica – continua Roberta -. Naturalmente, negli anni, la minore visibilità delle lesbiche ha camminato di pari passo con la minore visibilità delle donne in generale. Ed è anche per questo che c’è sempre stato un inevitabile sodalizio con le femministe”. Ma le cose, appunto, stanno cambiando. “La mia esperienza personale all’interno del Maurice è del tutto positiva in termini di confronto con i gay del circolo stesso, ma per molte di noi non è stato così – spiega Roberta -. Abbiamo dovuto fare un lungo lavoro prima di tutto su noi stesse e poi con gli altri, ma i risultati sono molto Non serve un partito LGBT. L’unica cosa di cui c’è bisogno è che la classe politica apra gli occhi e abbia coraggiosoddisfacenti”. Torino è la città che nel 2006 ha ospitato il Pride nazionale e il ruolo delle lesbiche è stato fondamentale durante tutto l’anno precedente. Un fitto calendari di iniziative organizzate dalle ragazze di ‘L’AltraMartedì’, il collettivo lesbico del Maurice, è stato determinante per la buona riuscita dell’appuntamento nazionale.
Ma parlare solo di Pride è chiaramente limitativo, seppure resti l’appuntamento forse più noto del movimento LGBT. “Le lesbiche hanno una funzione importantissima in quanto trait d’union tra la comunità omosessuale e trans italiana e quella femminista. Questa posizione conferisce loro un carisma in più all’interno delle battaglie di liberazione che conduciamo quotidianamente” spiega ancora Roberta.
Si è fatto un gran parlare nei mesi scorsi anche di un partito gay-lesbico, visto da alcuni come uno strumento,trasversale, in gradi di garantire impegno per i diritti della comunità LGBT italiana.
“Se quella del partito è un’estrema provocazione, allora può servire – dice Roberta senza esitazione- ma un altro partito non è la soluzione per cambiare questa società che ha bisogno di una spinta in avanti verso il riconoscimento dei diritti individuali e collettivi. Parità, dignità e laicità sono valori che riguardano tutti, etero, gay, lesbiche, trans e chiunque altro. La società civile sente che è così. Non è un caso che al pride torinese di quest’anno c’erano gli stand di più di 50 associazioni come Mani tese, il Comitato di Solidarietà con la Palestina, le Donne in Nero etc. E’ la classe politica che è miope e dovrebbe avere il coraggio di aprire gli occhi, almeno tanto quanto le gerarchie ecclesiastiche hanno il coraggio di imporre la loro visione”.
Il futuro è denso di impegni. Non ultima la creazione di un archivio di storie delle donne del Piemonte. “Ci siamo accorte che era un patrimonio molto ampio – spiega Roberta – ma estremamente frammentato e dispersivo. Abbiamo quindi deciso di formare un comitato scientifico che si occupasse di raccogliere tutto il materiale e adesso stiamo cercando di farci affidare un posto”.
di Caterina Coppola
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