Pochi giorni dopo i quasi 4 milioni di persone che sono scesi in strada a New York per il World Pride che ha celebrato i 50 anni di Stonewall, è stata Londra a mobilitarsi, dando vita alla più partecipata manifestazione rainbow di sempre del Regno Unito. Sabato pomeriggio un milione e mezzo di persone hanno infatti preso parte al London Pride, mai tanto ricco come in questo 2019.
Oxford Street è stata travolta da uno tsunami di persone, tra i quali il sottoscritto, di ritorno da New York e a stretto giro trascinato da una nuova ondata di energia positiva, di amore, inclusione ed accettazione. Un Pride chiuso, come avviene in tutte le capitali del mondo (Italia esclusa), con le persone ‘comuni’ ai lati della strada, dietro le transenne, e le associazioni LGBT, le aziende e le delegazioni estere al centro della sfilata, tra ali di folla festanti, migliaia di bandierine rainbow e carri colorati con musica a tutto volume. Tra i presenti anche personaggi celebri come Sam Smith, cantante premio Oscar gay dichiarato, Ian McKellen, da sempre in prima linea quando c’è da marciare per i diritti LGBT, e tutte le forze armate della Regina Elisabetta II.
In 30.000 hanno sfilato, suddivisi in 600 gruppi, da Portland Place a Whitehall, per un Pride iniziato alle ore 12:00 e alle ore 18:00 incredibilmente ancora in vita, mentre nella vicina Soho migliaia di persone si accalcavano nei locali del quartiere gay di Londra, tra canzoni di ogni tipo e boccali traboccanti l’immancabile birra. Al calar della sera, Billy Porter di Pose ha invece intrattenuto la folla a Trafalgar Square, scrivendo la parola fine ad una giornata di fatto epocale.
Peter Tatchell, che ha co-fondato il primo Pride londinese nel 1970, ha invece criticato gli organizzatori perché a suo dire l’evento di quest’anno sarebbe stato organizzato con un taglio esageratamente commerciale, tanto dall’essere stato cavalcato da decine e decine di aziende come pura e semplice opportunità di marketing. Polemiche simili erano esplose anche a New York, nel corso del World Pride, con tanto di contro-pride all’attacco delle corporation. Perché se un tempo ci si lamentava per la totale assenza della comunità LGBT dalle principali campagne pubblicitarie, tanto da gridare alla discriminazione, oggi c’è chi borbotta a causa di una presenza ritenuta eccessiva. Accontentare tutti, di fatto, è impossibile.
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