ROMA – Il mobbing è una forma di terrore psicologico esercitato sul posto di lavoro attraverso ripetuti attacchi da parte di colleghi, o datori di lavoro, per indurre al licenziamento.
Assume forme diverse e, alle volte, molto sottili che vanno dalla pressione psicologica, all’isolamento sociale, alla negazione di informazioni corrette sul lavoro, fino alla violenza fisica e verbale.
Gli omosessuali sono soggetti ad alto rischio di mobbing e il fenomeno, di cui non esistono dati precisi, grazie ad una maggiore coscienza emerge, quotidianamente, con insistenza.
Per denunciare le discriminazioni subite è necessario rivolgersi ai sindacati come ci spiega Alessandro Cardente responsabile dell’Ufficio Nuovi Diritti di Roma e Lazio della CGIL.
Cos’è il mobbing?
Il mobbing è una strategia adottata da aziende con più di 15 dipendenti che devono applicare lo Statuto dei lavoratori e, secondo l’articolo 18, non hanno la possibilità di licenziare senza giusta causa. È uno strumento subdolo che agisce sul lavoratore a livello psicologico. È agito su persone fragili a cui vengono tolte progressivamente credibilità e mansioni. Spesso il primo passo è la dequalificazione professionale e cioè si fa svolgere al lavoratore un lavoro che necessita competenza inferiore rispetto a quella per cui era stato assunto. Di solito l’azienda punta anche sulla complicità dei colleghi di lavoro che attuano tutta una serie di strategie per rendere impossibile proseguire il rapporto lavorativo. Alla fine il lavoratore tenderà a mettersi in malattia sempre più spesso fino a licenziarsi. L’azienda ottiene così il suo scopo.
Gli omosessuali sono soggetti ad alto rischio di mobbing?
Tutte le categorie “deboli” sono particolarmente a rischio. Seguo davvero molti i casi che riguardano direttamente gli omosessuali, ma non si contano i transessuali o, ad esempio, i portatori di handicap soggetti a mobbing.
Ci puoi raccontare un caso tipo?
Sono drammatici e molto diversi tra loro. Il mobbing può assumere forme molto sottili. Si registrano in grandi e piccole aziende. Sto seguendo casi accaduti in diverse Banche, nelle Poste e nella Telecom.
Ne ricordo uno in particolare. Ad una transessuale era stato negato, inizialmente, l’uso del bagno perché non era ritenuto né uomo né donna. Le colleghe avevano preteso che il bagno fosse chiuso a chiave e di tenersi le chiavi… Non appena questa persona incominciò a vestirsi da donna l’atteggiamento divenne fortemente discriminatorio. Venne declassato, era un contabile, ma fu mantenuto lo stesso stipendio. Denunciò, fortunatamente, il caso.
Ci sono strategie tipiche adottate nei confronti degli omosessuali?
Per i transessuali il mobbing è spesso molto evidente e facile da percepire. Per gli omosessuali è più subdolo e nascosto, ma esiste. L’allusione, la risatina o la battuta da caserma nella quale è coinvolto il pregiudizio possono essere segnale di mobbing. Anche la difficoltà a fare carriera è un indice comunque di mobbing.
Che cosa deve fare un lavoratore per tutelarsi?
Deve mettersi in contatto con una organizzazione sindacale. La CGIL ha un ufficio apposito e ha stanziato fondi per lo studio approfondito delle forme di riconoscimento del fenomeno.
Cosa deve dimostrare la persona soggetta a mobbing?
Intanto che quello che denuncia sia vero e dovrebbe avere dei testimoni. Molto spesso ci sono, alle volte no. Le forma di ricatto dell’azienda nei confronti dei colleghi e la paura ad esporsi può portare a non avere testimoni. Ma comunque il primo passo è denunciare il caso.
Che costi ha rivolgersi a voi?
Nessuno. Per seguire il caso è solo necessario iscriversi al sindacato.
Ha senso rivolgersi autonomamente ad un avvocato?
Dipende, è necessario individuare un avvocato molto competente sull’argomento e può avere un costo elevato.
Esistono dati sul fenomeno del mobbing ai danni di omosessuali?
Non esistono dati. Personalmente seguo un’ottantina di casi all’anno, ma non solo di mobbing. Seguo anche casi di discriminazione che riguardano le piccole aziende. Sono più violenti perché esistono meno tutele per il lavoratore e le piccole aziende possono licenziare, cacciare, ricattare come vogliono. C’è un aumento di casi di questo tipo e, ancora una volta, sono soprattutto i transessuali ad essere colpiti. Ma non solo.
Ti sono mai capitati casi di falso mobbing? Quelli di omosessuali che si sentono discriminati sul posto di lavoro ma che nella realtà non lo sono?
Purtroppo nella maggior parte dei casi le situazioni che denunciamo sono vere. Può capitare che ci si imbatta in esagerazioni. È tipico il caso dell’individuo che vive in un piccolo paese e che ha una certa età, che si sente perseguitato sia sul posto di lavoro che fuori. Ma è un meccanismo psicologico. Comunque chiunque avesse sentore di essere sottoposto a mobbing dovrebbe rivolgersi a noi almeno per valutare se esiste un problema reale o meno.
Ma i casi di mobbing che seguite possono avere un lieto fine?
Si risolvono con la riqualificazione professionale, con rimborsi per le spese mediche (il soggetto a mobbing cade spesso in depressione) e sostegno economico. Spesso il lavoratore decide di non essere reintegrato nell’azienda nella quale ha vissuto situazioni al limite della sopportabilità e dove ha vissuto un disagio sociale serio e pericoloso e l’azienda oltre a ricollocare il lavoratore è costretta ad elargirgli un incentivo economico.
Clicca qui per discutere di questo argomento nel forum Movimento Omosessuale.
di Stefano Bolognini
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