Nell’antica Grecia, così come nella cultura romana, non esistevano termini che traducessero le parole omosessuale ed eterosessuale. Si potrebbe parlare di una cultura molto aperta e inclusiva, ma la verità è che non c’era alcuna differenza riguardo l’identità di genere. Si sa che nell’antica Grecia si parla spesso di pederastia, ovvero il rapporto che si creava tra due uomini. Ma il concetto è molto più complesso di questa sbrigativa spiegazione. Ecco cosa ci dice l’arte sull’omosessualità in Grecia.
Approfondendo l’argomento, questa concetto vede un uomo adulto e un ragazzo, che solitamente sfruttava la sua bellezza e la sua giovane età. Il primo viene chiamato erastes, il secondo eromenos. I due potevano avere rapporti (sentimentali e sessuali) senza che l’uomo più vecchio, della classe aristocratica, perdesse il proprio status sociale o la sua virilità. Ma questo a patto che ricoprisse la figura di comando. In pratica, era l’erastes a scegliere il suo eromenos, per il quale diventava una sorta di maestro. L’uomo infatti doveva educare e proteggere il ragazzo, e secondo la cultura greca era normalissimo il fatto che tra i due nascesse una relazione. I greci antichi, prima di tutti, non guardavano il sesso della persona, bensì il piacere (il bello).
L’omosessualità in Grecia antica descritta con l’arte
A differenza dei (anche) giorni nostri, per l’antica Grecia l’omosessualità non era un fattore da nascondere. Insomma, non c’era il “problema del coming out”. Scherzi a parte, i rapporti tra persone dello stesso sesso erano talmente normali che ci sono diverse testimonianze, attraverso in particolare vasi dell’epoca che raffiguravano scene di vita quotidiana. Tra queste scene, anche alcune che oggi noi potremmo definire pornografia.
Essendo normale, erano soliti rappresentare senza pudore scene anche piuttosto esplicite sotto forma di dipinti, sculture e statuette. Non è quindi difficile trovare organi riproduttivi maschili in erezione, se non disegni di lepri, cervi, galli o altri animali che indicavano in primo luogo la caccia, ma anche la ricerca sessuale. Altre riproduzioni mostrano degli uomini nel momento in cui corteggiano il proprio eromenos.
La pederastia
La pederastia era anche regolata dalla legge, che dava dei veri e propri punti da seguire, sia per l’adulto che per il ragazzo. L’eromenos (il ragazzo) accettava il corteggiamento dell’erastes solo dopo essersi convinto che le intenzione dell’uomo fossero serie. Doveva quindi capire che non cercava solamente un rapporto sessuale. Convintosi di questo, si instaurava una relazione che prevedeva l’insegnamento da parte dell’erastes, che il ragazzo ripagava con il suo corpo e i suoi sentimenti.
Il ragazzo aveva tra i 17 e 18 anni, sessualmente era passivo e doveva sottostare all’adulto. Raggiunti i 25 anni, poteva diventare erastes, e iniziare a corteggiare i nuovi eromenos. Di fatto, poco contava se era sposato o meno: secondo la legge, l’uomo poteva sposarsi con una donna, riprodursi, e contemporaneamente “dedicarsi” alla pederastia.
Il concetto di pederastia non si avvicina minimamente alla pedofilia. Quest’ultima infatti è una devianza del comportamento che provocava l’attrazione verso bambini che non hanno ancora raggiunto la pubertà. Questa pratica era vietata dalla legge nell’antica Grecia, e non veniva associata alla pederastia. Oggi, entrambe sono comunque punite dalla legge.
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