Il 2018 si chiude in Italia con un secco “no” per Serena e Giada, una coppia lesbica che voleva risultare famiglia a tutti gli effetti, ottenendo il riconoscimento per i loro due figli, gemelli di 5 anni. Una storia travagliata, la loro, iniziata nel 2012, e che vedrà sicuramente la sua conclusione il prossimo anno, dato che hanno deciso di ricorrere al tribunale per essere una famiglia. Anche dal punto di vista legale.
Nulla di nuovo, insomma. Il rifiuto del comune a riconoscere due madri o due padri è ormai di norma in Italia. Ma finora, il ricorso al tribunale civile ha sempre dato ragione ai neo genitori, ordinando all’ufficio predisposto la trascrizione.
Il ricorso al tribunale contro il comune di Riccione
A supportare le due donne, l’avvocato Katia Buldrini, che nei giorni scorsi ha depositato il ricorso presso il tribunale di Rimini. “Se la Corte di Cassazione ammette la trascrizione di nascite avvenute all’estero e anche l’adozione del figlio del partner, perchè dovrebbe negare il riconoscimento da parte della madre genetica dei suoi figli” ha spiegato al quotidiano online Il Resto del Carlino. Prima di questo passo, la legale aveva presentato gli atti di nascita dei due gemelli e inviato la richiesta di riconoscimento di filiazione fuori dal matrimonio.
Il Comune di Riccione non ha voluto riconoscere Giada come seconda madre, anche se negli ultimi 5 anni ha cresciuto i bambini, partoriti invece da Serena. Difatti, i gemelli sono nati grazie alla fecondazione eterologa. Nel 2012 si sono recate in Spagna per questa procedura, e in un centro specializzato di Barcellona gli ovuli di Giada erano stati fecondati in vitro con gli spermatozoi di un donatore esterno, e poi impiantati in Serena, che dopo 9 mesi ha partorito. Secondo il Comune, solo questa aveva il diritto di essere vista come madre. Il ricorso al tribunale è ormai una consuetudine per molte coppie, che aggirano la decisione del comune ottenendo l’ordine del giudice.
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