Organizzavano i finti incontri nei pressi dell’area industriale di Acate, in Sicilia, per rapinare e picchiare i ragazzi. La zona è conosciuta come un ritrovo per degli incontri occasionali, frequentato in particolare da giovani omosessuali.
I 3 aggressori, tutti ragazzi tra i 18 e 24 anni e residenti nel ragusano, sono i responsabili di diverse incursioni che si sono verificate tra giugno e agosto di quest’anno. Uno dei tre si fingeva gay e adescava le vittime. Con la scusa di andare in una zona appartata, si dirigeva in auto in un luogo senza illuminazione e senza possibili testimoni, dove restavano in attesa gli altri due. Una volta sul posto, la vittima veniva aggredita fisicamente con calci e pugni e verbalmente con offese omofobe, e veniva derubata di qualsiasi oggetto di valore. In alcuni casi i ragazzi presi di mira dai tre sono stati costretti a ritirare dei soldi dal bancomat di Acate, dietro la minaccia di altre violenze.
La prima aggressione risale a giugno. Dopo soli tre giorni, il gruppo ha ripetuto la stessa azione, colpendo stavolta la vittima anche con il guinzaglio di un cane, oltre a insultarla e rapinarla.
Dopo le denunce delle vittime e le indagini, la Polizia ha arrestato i tre aggressori, nel corso di un’operazione che ha impiegato ben 30 agenti. Sono Christian Gerratana, di 24 anni e residente a Vittoria, Gaetano Velardita, 23 anni, e il 18enne Emanuele Marino, di Comiso. I tre ragazzi sono accusati di rapina, estorsione, lesioni gravi e violenza privata. Inoltre, i reati sono aggravati dal fatto di aver agito di notte, in luoghi isolati e ostacolando la difesa delle vittime.
Nel comunicato emesso dalla Polizia di Stato, pare che le aggressioni siano in tutto cinque. Lo stesso modus operandi, difatti, è stato ritrovato in altre denunce, raccolte da altri commissariati. Grazie agli impianti di video sorveglianza e al racconto delle vittime, gli agenti hanno potuto incastrare i responsabili e procedere all’arresto. Il fermo è stato già convalidato dal giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Ragusa.
Credits: Live Sicilia
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