Transfobia di Stato, così il Ministero dell’Interno esclude formalmente le persone trans* dai concorsi di polizia

Tutto parte da un discriminatorio D.M. del 2003. Intervista all'avvocato che ha chiesto di revisionarlo. La risposta del Viminale.

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persone transgender concorso polizia viminale ministero interno
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Non è passato neanche un mese da quando le istituzioni italiane, nella persona di Elena Donazzan assessora del Veneto, hanno insultato la memoria di una persona defunta, la memoria di Cloe Bianco, insegnante trans morta per autochiria. Ed ecco che la transfobia di Stato ascende a un nuovo, inaspettato livello. Persone transgender escluse dai concorso per agenti allievi di polizia perché considerate persone malate. Sembra la trama di una docu-fiction che racconta una qualche dittatura centroamericana degli anni ’70 e ’80, ma è l’Italia 2022.

Si è trattato solamente di un errore legato a un vecchio decreto ministeriale non aggiornato? O c’è transfobia al Ministero dell’Interno? Il concorso andrebbe rifatto daccapo? Quante sono le persone che hanno rinunciato alla propria candidatura a causa dei discriminatori requisiti di accesso? Quante persone transgender hanno rinunciato ai concorsi del Ministero dell’Interno perché il  D.M. 30/06/2003, n. 198 le considera alla pari delle persone mentalmente disturbate? E le persone transgender che hanno comunque partecipato ai concorsi, hanno mentito in fase di autocertificazione? Dovranno essere licenziate? Un pasticcio. Un doloroso pasticcio all’italiana, di cui abbiamo parlato con l’avv. Gian Maria Mosca, che ha raccolto le osservazioni di un suo cliente e ne ha fatto una richiesta di revoca inviata al Ministero.

Ma andiamo con ordine. Ecco i fatti.

Il 16 Maggio scorso il Ministero dell’Interno pubblica sul sito del Viminale il bando per la selezione di 1381 nuovi agenti allievi ris. Nel testo del  bando è indicato che per partecipare è necessario avere i requisiti regolati dal D.M. 30/06/2003, n. 198. In quel DM, tra i “disturbi mentali” che precludono qualsiasi candidatura, appare la seguente dicitura: “disturbi dell’identità di genere attuali o pregressi”.

Quello che il Ministero dell’Interno considera “disturbo di genere” viene equiparato ad altre psicopatologie. Ecco il testo del passaggio.

CAUSE DI NON IDONEITÀ PER L’AMMISSIONE AI CONCORSI PUBBLICI PER L’ACCESSO AI RUOLI DEL PERSONALE DELLA POLIZIA DI STATO (Capo IV – Disposizioni finali)

8 b) disturbi mentali: disturbi mentali dovuti a malattie mediche generali. Disturbi d’ansia attuali o pregressi; disturbi somatoformi e da conversione attuali o pregressi; disturbi fittizi e da simulazione attuali o pregressi; schizofrenia ed altri disturbi psicotici attuali o pregressi; disturbi dell’umore attuali o pregressi;
disturbi dissociativi attuali o pregressi; disturbi sessuali e disturbi dell’identità di genere attuali o pregressi; disturbi del sonno attuali o pregressi; ritardo mentale; disturbi da tic; disturbi dell’adattamento; problemi relazionali a rilevanza clinica; disturbi di personalità; disturbi del controllo degli impulsi attuali o pregressi; disturbi della condotta alimentare attuali o pregressi.come “schizofrenia, disturbi dell’umore attuali o pregressi, disturbi dissociativi attuali o pregressi, disturbi d’ansia attuali o pregressi, disturbi somatoformi, disturbi da tic, disturbi della condotta alimentare attuali o pregressi, disturbi sessuali”.

 

Ad accorgersene negli scorsi giorni è un poliziotto. Che contatta l’avvocato Gian Maria Mosca. Il quale presenta un’istanza alla ministra Luciana Lamorgese e al capo della polizia Lamberto Giannini, chiedendo una revoca del D.M. 30/06/2003, n. 198.

 

ministero dell'interno D.M. 30/06/2003, n. 198
Ministero dell’Interno D.M. 30/06/2003, n. 198

 

La questione atterra su tutti i quotidiani, ma l’improvvisa crisi di Governo raffredda l’attenzione. Al Viminale però si rendono conto della discriminazione contenuta nel decreto. Che getta il Ministero dell’Interno nell’imbarazzo e tra poco vedremo quali spinose implicazioni comporti.

Qualche ora dopo che La Stampa pubblica l’articolo di Niccolò Zancan che denuncia la grave discriminazione verso le persone trans*, il Dipartimento di Pubblica Sicurezza del Viminale parla di “notizia destituita di ogni fondamento” (smentita riportata dal quotidiano online Open).

Di lì a poco  il poliziotto e presidente di Polis Aperta, Alessio Avellino (lo ricorderete per la polemica con Repubblica, che aveva pubblicato alcuni contenuti dalla sua pagina Facebook > qui la storia > ) pubblica un lodevole post nel quale spiega con estrema precisione che da tempo tutte le istituzioni internazionali non considerano quello dell’identità di genere come una malattia, né un disturbo (qui il post). Del post di Alessio, riportiamo in particolare questo passaggio:

In che modo in fase concorsuale la commissione potrebbe essere in grado di rilevare “segnali di disforia” responsabili di un non ottimale servizio? In che modo la disforia di genere e non più “il disturbo dell’identità” potrebbe influire nello svolgimento del lavoro di polizia? E’ pretenzioso affermare che la TOS (terapia ormonale sostitutiva) sia invalidante per un poliziotto, dal momento che “rilevare disforia” non significa rilevare una terapia ormonale in atto: vi sono persone transgender che non richiedono la terapia e la medicalizzazione. Non da meno, affermare che una terapia ormonale precluda – in sede concorsuale – ad un ragazzo o ad una ragazza la carriera all’interno delle forze dell’ordine, renderebbe immotivata la mia (p)e(r)sistenza (e quella di altr*) all’interno dell’Amministrazione.

L’indomani, Arcigay va giustamente all’attacco.

“Abbiamo letto con sconcerto il documento sui requisiti di idoneità fisica allegato al bando del Ministero degli Interni, volto al reclutamento di agenti di polizia” dichiara il segretario nazionale Arcigay Gabriele Piazzoni “Dal momento che già esistono persone trans* nella Polizia di Stato del nostro Paese, questo documento rappresenta un pericoloso passo indietro, che stigmatizza l’esplorazione dell’identità di genere, depatologizzata ormai dalle più importanti istituzioni mediche”.

Quindi La Stampa riporta una nuova presa di posizione del Ministero. Che minimizza. Si tratterebbe di un refuso di cui comunque il Ministero non tiene conto nelle selezioni (vedi La Stampa 13 Luglio 2022 pag. 16). È a questo punto che Gay.it contatta l’Avvocato Gian Maria Mosca.

 

Naturalmente lei Avvocato Mosca non può dirci chi sia il suo cliente, chi sia questo poliziotto che le ha mostrato la grave voragine discriminatoria del D.M. 30/06/2003, n. 198

Certamente no, ma è quasi secondario, perché la questione ha rilievo generale. Mi chiedo piuttosto quante siano state le persone transgender che in tutti questi anni hanno rinunciato ai concorsi del Ministero dell’Interno.

Cosa intende?

Il D.M. 30/06/2003, n. 198. regola tutti i concorsi dal 2003 ad oggi. Compreso quello di cui tanto si parla, che è ancora in corso. In tutti questi anni quante sono le persone transgender che hanno rinunciato a candidarsi davanti a bandi che le consideravano malate, al pari delle persone con disturbi mentali?

Il Ministero ha spiegato che, durante le reali selezioni, non si tiene conto di quello che il Ministero stesso (vedi La Stampa 13 Luglio pag. 16) considera un refuso.

Un refuso? Quanto scritto sul D.M. 30/06/2003, n. 198 sarebbe un refuso? E chi legge il bando e il DM ha qualche elemento per pensare che alcuni requisiti valgano e altri no? La schizofrenia per esempio vale o no? Tutte le patologie mentali, tra cui il disturbo dell’identità di genere, sono poste sullo stesso piano: chi legge non ha nessun elemento per pensare che poi in concreto non se ne tenga conto in parte (e in quale parte?).

Beh sì, le persone non possono sapere cosa è giusto e cosa no dei requisiti indicati in quel D.M.

Certo che no. Su quel D.M. si parla di disturbi sessuali e dell’identità di genere, che vengono messi sullo stesso piano dei disturbi psichiatrici. Ora il Ministero dice: non ne terremo conto. Non terranno conto soltanto per l’identità di genere o anche per le persone con disturbi psichiatrici? E chi decide, dove, come, quando? Saranno a questo punto selezionate anche persone con disturbi psichiatrici sulla base della eventuale toppa da porre in correzione di quel refuso? E quale commissione lo stabilirà? È accettabile che su un D.M. ci sia un “refuso” che venga poi eventualmente corretto da persone e/o commissioni preposte ad applicare regole e non a deciderle seduta stante, in fase di selezione? È come dire che i requisiti di un esame si decidono in fase di esame. La pare logico?

Mi scusi, questo D.M. 30/06/2003, n. 198. ha regolamentato concorsi per decine di migliaia di candidati negli ultimi vent’anni circa. Mi sta dicendo che questa discriminazione va avanti dal 2003?

Certo. In tutti i concorsi, compreso l’ultimo di cui si parla sui giornali, viene scritto a chiare lettere che è condizione imprescindibile di accesso il rispetto di tutti i requisiti del DM 198/2003. Le ho mostrato i bandi di concorso che fanno riferimento specifico al D.M., sempre lo stesso. Per vent’anni lei immagina quante persone trans* hanno rinunciato a candidarsi ad un concorso del Ministero dell’Interno perché si sono viste trattate come persone malate?

È una cosa gravissima. E comunque sappiamo che ci sono persone trans* assunte dalle forze dell’ordine. Com’è possibile? Come hanno fatto a candidarsi e a vincere il concorso?

Hanno mentito? Al momento del concorso hanno dichiarato di non avere “disturbi di identità di genere” (così li chiama il Ministero)? “Disturbi” che quindi sarebbero arrivati soltanto quando ormai erano assunti? Sa una cosa?

Mi dica.

Le persone che hanno taciuto hanno commesso reato, data l’autocertificazione richiesta. Un reato vero e proprio. E oggi sono probabilmente tra le forze dell’ordine, assunte dal Ministero dell’Interno. Non si tratta di requisiti facoltativi o discrezionali: il Consiglio di Stato molte volte ha ribadito che sono requisiti fissi e inderogabili e sono stabiliti dal D.M. 30/06/2003, n. 198. Si rende conto del pasticcio?

Un disastro. Quindi le persone trans* oggi assunte dal Ministero hanno scoperto la propria condizione soltanto dopo il concorso?

Diranno così. Per forza, a meno di non ammettere di aver auto-certificato il falso.

Un’altra violenza alle persone trans* di questo paese. Quanta transfobia c’è in tutto questo?

Me lo dica lei: le pare che le persone transgender possano essere equiparate a persone con disturbi mentali su un decreto ministeriale? E che il Ministero dica: è un refuso? E che dica: tanto poi durante le selezioni non l’applichiamo? È una scusa accettabile?  Voglio ripeterlo: poniamo sia vero che indicano l’assenza di quella patologia come requisito, ma in realtà non ne tengono in concreto conto. Secondo lei, se anche fosse vero questo, sarebbe rispettato il diritto di accesso al concorso?

La domanda purtroppo dolorosa che forse non troverà mai una risposta è: in vent’anni quante sono le persone trans* che non si sono mai candidate perché convinte che il Ministero le escludesse a priori in quanto persone mentalmente malate?

Esattamente.

Persone a cui non saremo mai in grado di riparare il danno di una transfobia di Stato, che resta ancora in vigore.

Certo, cambiare un D.M. vigente non è una cosa che si fa al volo: e infatti dopo il bando del 16/5/2022 ne è già stato emanato un altro identico. Però a questo punto ho letto che il Ministero si è impegnato a cambiare questo famigerato Decreto, quindi spero lo faccia davvero e al più presto.

C’è modo di intentare causa al Ministero dell’Interno per questa grave discriminazione che viene bollata come refuso?

Questo l’ha detto lei. Le rispondo a microfono spento.

A questo punto, sentito l’avvocato GianMaria Mosca, Gay.it chiama il Ministero dell’Interno per capire quale sia la posizione ufficiale. Al telefono, l’ufficio stampa ascolta le nostre considerazioni. Senza infingimenti, non nascondiamo ai lettori che, per facilitare il compito del Viminale, e data la delicatezza dell’argomento, decidiamo di condividere l’intervista integrale all’avvocato Mosca con il Ministero. Al Ministero diciamo che entro tre giorni vorremmo pubblicare l’intervista e che dunque sarebbe meglio avere una risposta ufficiale da parte del Viminale al più presto.

Nel giro di poche ore, l’ufficio stampa del Ministero invia alla redazione di Gay.it un’email nella quale dimostra di non aver preso in considerazione (o forse di non aver letto?) le questioni poste nella nostra intervista (la quale, ripetiamo, è stata condivisa integralmente con il Viminale prima della sua pubblicazione).

email viminale a gay.it
Uno screenshot dell’email inviata dall’ufficio stampa del Ministero dell’Interno a Gay.it

 

Il testo integrale del comunicato inviato dall’ufficio stampa del Ministero dell’Interno è il seguente:

In merito agli articoli di stampa apparsi su alcuni quotidiani, che rappresentano come nei concorsi per gli aspiranti ai ruoli della Polizia di Stato, venga valutato l’orientamento sessuale dei candidati, il Dipartimento della Pubblica Sicurezza precisa che la notizia è destituita di ogni fondamento.

Al riguardo, la norma di riferimento per il possesso dei requisiti psico-fisici per l’accesso ai ruoli e l’elenco delle condizioni e delle cause di non idoneità è storicamente rappresentato dal decreto ministeriale 198/2003. In esso sono riportate tutte le patologie che costituiscono causa di non idoneità, sulla base della classificazione e dei criteri diagnostici di inquadramento nosologico vigenti nel 2003:

– per quanto attiene, più specificamente, alle patologie della sfera psichica, l’elencazione di queste malattie, nel decreto ministeriale 198/2003, ha tenuto conto di quanto previsto dal D.S.M. IV-T.R. del 2000 (Diagnostic and Statistical Manual of mentale disorders – IV – Text Revision, edito dall’American Psychiatric Association), che rappresenta la linea guida di universale riferimento per la classificazione e la diagnosi delle malattie psichiatriche;

– tale Linea Guida, nel 2013, ha subito una revisione (D.S.M V), che ha rivisto, con particolare riferimento ai disturbi di genere, i criteri di classificazione e di diagnosi;

– da allora le Commissioni deputate alla selezione dei candidati ai ruoli della Polizia di Stato si sono adeguate a tali ultimi criteri ed i test somministrati da psichiatri e psicologi sono finalizzati ad escludere la presenza di patologie psichiatriche, come definite dal D.S.M. V, nel quale viene annoverata la “disforia di genere”, che comporta manifestazioni cliniche conclamate (quali ansia, depressione, etc..), ben definite nella loro criteriologia diagnostica

– di conseguenza nessun candidato ai ruoli della Polizia di Stato è stato o viene dichiarato non idoneo per il suo orientamento sessuale.

In conclusione, il decreto ministeriale 198/2003, peraltro in fase di revisione, rappresenta la norma generale di riferimento nella quale sono annoverati i requisiti e le cause di non idoneità in fase di selezione, ma i criteri di classificazione, diagnosi e valutazione ai fini del giudizio medico-legale vengono costantemente aggiornati dalle commissioni mediche deputate a tali compiti, sulla scorta della continua evoluzione della scienza medica.

Segreteria Ufficio Stampa e Comunicazione
Palazzo Viminale – 00184 – R O M A

 

I lettori hanno a questo punto tutti gli elementi per farsi un’opinione, in particolare sottolineiamo:

Quante persone trans* hanno rinunciato in quasi vent’anni ai concorsi del Viminale regolati dal DM del 2003?

Quante persone trans* ancora oggi sono costrettə a mentire?

Le persone trans* oggi assunte al Ministero hanno mentito in fase di autocertificazione?

Quali commissioni stabiliscono che una persona trans* sia comunque idonea, se sul DM si parla di “disturbo di genere” associandolo a una malattia psichiatrica?

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