Nel pieno dell’invasione in Ucraina, appena entrata nel 3° mese di guerra, la Russia non perde certo terreno sull’omotransfobia interna. Due tribunali russi hanno infatti multato Meta (ex Facebook) e TikTok per contenuti LGBTQ. Dal 2013 vige in Russia la tristemente celebre legge contro la propaganda LGBTQ+, che vieta la proliferazione di contenuti queer, dal Cremlino definiti ‘propagandistici’.
Il tribunale di Taganskij, distretto centrale di Mosca, ha condannato Mark Zuckerberg e Meta, che controlla Facebook, Instagram e WhatsApp, a pagare 4 milioni di rubli, ovvero circa 50.000 euro. Un altro tribunale di Mosca ha invece multato TikTok, piattaforma di proprietà del gruppo cinese ByteDance, per due milioni di rubli, ovvero circa 25.000 euro.
I due social network sono stati condannati perché non hanno eliminato post a tematica LGBTQ. D’altronde basta pubblicare (o sventolare in strada) una bandiera rainbow per incombere nel ‘reato propagandistico’. Da quando la Russia ha invaso l’Ucraina si sono intensificate le sentenze legali contro Facebook e Instagram, addirittura bandite per “estremismo” durante le prime settimane del conflitto.
Ora è arrivata questa nuova duplice agghiacciante sentenza che va a rimpolpare la censura russa nei confronti di un’intera comunità, criminalizzata e discriminata dal Governo e dal capo della Chiesa ortodossa, il patriarca russo Kirill, arrivato a giustificare l’invasione ucraina perché “per entrare nel club di quei Paesi è necessario organizzare una parata del gay pride“.
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