Unioni civili: se Grasso vuole, legge votata in una settimana

Tutto nelle mani del Presidente, che deve decidere quali emendamenti siano ammissibili

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Dopo qualche giorno di disorientamento a seguito dell’oggettivo voltafaccia dei grillini, che fino a poche ore dall’inizio della seduta mercoledì rassicuravano tutti (Cirinnà e Scalfarotto compresi) sul voto favorevole al canguro e poi, arrivati in aula, hanno annunciato esattamente il contrario, si va finalmente delineando un percorso che potrebbe portare ad una non troppo lunga votazione degli emendamenti del ddl Cirinnà che, a quel punto, potrebbe essere approvabile anche nel giro di una settimana.

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Andiamo con ordine. La prima sorpresa è negativa: gli emendamenti rimasti, al momento, sono 1.200. Non certamente i 500/600 che il deputato pentastellato Di Battista annuncia gongolante su un video diffuso su Facebook, dove sostiene che con così pochi emendamenti il Senato può licenziare il provvedimento nel giro di qualche giorno, tre al massimo. Il sito del Senato purtroppo non è ancora aggiornato, nonostante l’ampio staff a disposizione dell’ufficio che per l’appunto gestisce gli emendamenti, ma il numero delle proposte di modifica è ancora alto, altissimo: 1.200 per l’appunto. Se si dovessero votare uno ad uno, rispettando le normali tempistiche parlamentari, ha ragione la senatrice Monica Cirinnà a sostenere che servirebbero mesi e mesi per licenziare il provvedimento, senza considerare che coi numeri attuali basterebbe qualche assenza di troppo tra i parlamentari favorevoli alle unioni civili per far passare emendamenti che stravolgerebbero il provvedimento e costringerebbero inevitabilmente a far far ritornare il testo in commissione. La situazione, quindi, sulla carta è tutt’altro che semplice.

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A venire in soccorso è però una decisione del Presidente del Senato Pietro Grasso che, se confermata (perché annunciata ieri sera a mezza bocca ad un cronista dell’ANSA), potrebbe cambiare completamente la situazione. Il Presidente, infatti, starebbe pensando di considerare inammissibili molti, moltissimi emendamenti: non soltanto quelli palesemente ostruzionistici che sono circolati sui social network in questi giorni (come quello a firma di Giovanardi che, ad esempio, impone alle parti di una unione civile di dichiarare chi tra loro è il “marito” e chi la “moglie”…), ma anche e soprattutto i “canguri” disseminati con astuzia dalla Lega Nord per tentare di affossare il ddl Cirinnà. Secondo Grasso, infatti, i canguri ed i super-canguri sarebbero armi accettabili solamente di fronte ad un palese e forte ostruzionismo mentre in questo caso, secondo il Presidente, il fascicolo dei 4/500 emendamenti che rimarrebbero sarebbe di proporzioni “umane” e quindi tale da non giustificare un’arma “non convenzionale”.

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C’è poi un altro elemento. Secondo fonti bene informate, il Presidente sarebbe anche concorde che la conferenza dei Capigruppo decida per il contingentamento dei tempi, un incisivo strumento previsto dal Regolamento del Senato per assicurare il rispetto dei tempi fissati dal calendario dei lavori. Allo scopo di garantire che l’Assemblea concluda l’esame di un argomento nei termini previsti dal calendario stesso, la Conferenza può infatti determinare il tempo complessivo da riservare a ciascuno dei Gruppi parlamentari (con interventi lunghi solo 2 minuti, contro i 10 regolamentari) e stabilire la data entro cui l’argomento deve essere posto in votazione. Una volta esaurito il tempo a disposizione, i Senatori di quel Gruppo non possono più intervenire nel dibattito. Una decisione di questo tipo sarebbe manna dal cielo per il ddl Cirinnà, specie se accompagnata alla riduzione drastica del numero dei voti segreti che, ovviamente, richiedono molto più tempo: tre o quattro, infatti, potrebbero essere, specie in assenza di canguri e supercanguri.

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Con queste tre decisioni – nessun canguro e supercanguro, contingentamento dei tempi e pochissimi voti segreti – i 4/500 emendamenti rimasti, al netto della decisione sull’inamissibilità di Grasso, potrebbero essere votati nel giro di tre o quattro giorni. Rimarrebbe certamente il nodo della stepchild adoption, ma qui l’opzione che rimane sul campo è quella di lasciare la famosa libertà di coscienza, per dar modo ai senatori “malpancisti” presenti soprattutto nel PD (ormai ridotti ad una decina al massimo, almeno a parole) ma anche negli altri gruppi, di esprimere le loro perplessità sul tema. E come più volte ha detto il Presidente del Consiglio Matteo Renzi, sarebbe a quel punto un Parlamento “maturo” a prendere una decisione su un tema così controverso.

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In questo scenario più positivo di quello di mercoledì scorso, ci saranno due momenti chiave, molto attesi. Il primo è la riunione convocata a Palazzo Chigi oggi per fare il punto del provvedimento, cui oltre a Renzi parteciperanno sicuramente la Ministra Boschi e il Capogruppo PD al Senato Luigi Zanda. Il secondo è l’assemblea del Partito Democratico di domani, dove in molti dicono che il Presidente del Consiglio intenda tirar fuori dal cappello uno dei suoi classici “conigli”, con qualche proposta che sparigli le carte di un dibattito paludato e congelato al grande “tradimento” di mercoledì scorso, salvo per l’appunto le positive novità emerse nel tardo pomeriggio di ieri e che vi abbiamo raccontato. Insomma, non rimane che aspettare.

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