Quasi dieci minuti di applausi hanno accolto ieri sera nella Sala Grande del Lido la proiezione ufficiale del primo film italiano in concorso, “Via Castellana Bandiera” di Emma Dante, già apprezzato alla proiezione stampa mattutina. Non appena si sono accese le luci, un ulteriore applauso ha salutato calorosamente l’intero cast presente: oltre alla regista e protagonista Emma Dante, la sua compagna nella finzione Alba Rohrwacher, il (vero) marito Carmine Maringola e l’ottantaduenne Elena Cotta, nota attrice teatrale e di sceneggiati televisivi.
Il febbricitante western al femminile definito dalla stessa Dante “una mezzanotte di fuoco”, in cui si fronteggiano in un budello di Palermo, senza voler arretrare, le auto di una coppia lesbica in crisi, Rosa e Clara, e quella di un’anziana albanese, Samira, inaridita dal dolore per la perdita dell’amata figlia, ha conquistato quasi unanimemente pubblico e critica presente alla Mostra: uscirà in sala il 12 settembre a Palermo e una settimana dopo nel resto d’Italia.
“Non sappiamo più vedere le cose – ha spiegato Emma Dante in conferenza stampa – e vediamo uno spazio più ristretto dove non ci sta nessuno, ce ne impossessiamo e diventa proprietà privata. In realtà lo spazio è grande e ce ne sarebbe per tutti. Anche per gli omosessuali, anche per le coppie che vogliono avere i diritti che hanno gli altri. Rosa e Clara sono due persone che si amano. Mi sono anche un po’ stancata di parlare delle storie omosessuali sopravvalutandole. Vorrei che questa storia diventasse finalmente una storia naturale senza dovere necessariamente trovare il modo di raccontarla. Due persone che si amano non hanno bisogno di trovare un modo per raccontare questo amore. Perché dobbiamo raccontare un amore diverso? È un amore. Queste due donne sono di fronte a un altro mondo che è rappresentato da questa donna anziana. Sicuramente ha altri tipi di pensieri, un’altra mentalità. Anche lei non giudica, come non giudica il ragazzino”.
“Rosa e Clara – continua la regista – secondo me sono libere in via Castellana Bandiera. L’unico impedimento che hanno è questa crisi passeggera”.
Ancora applausi, anche se meno intensi, hanno salutato alle Giornate degli Autori quello che era già stato bollato preventivamente come ‘film scandalo’, ossia il nuovo lavoro di Bruce LaBruce “Gerontophilia”. I veri fan dell’esegeta canadese del queer underground sono in realtà rimasti un po’ stupiti e perplessi per la svolta mainstream (tra l’altro è la sua opera dal budget più alto, circa due milioni di dollari) che l’ha portato a realizzare una commedia romantica piuttosto ammorbidita senza le consuete provocazioni borderline che da sempre lo caratterizzano. Ma il regista di “Hustler White” e “L.A. Zombie” ha spiegato che non c’era bisogno di sesso esplicito poiché già il tema in sé è sufficientemente scabroso.
In “Gerontophilia” si racconta dell’amore che nasce tra un diciottenne, Luke (Pier-Gabriel Lajoie), che scopre di provare attrazione per le persone anziane – ha una vistosa erezione quando si trova a soccorrere con un provvidenziale bocca-a-bocca un signore in età – e un ottantunenne affetto da un principio di demenza, mr. Peabody (Walter Borden), ricoverato nella casa di riposo dai metodi brutali dove Luke trova lavoro. Particolarmente positivo è il giudizio di Franco Grillini, presidente di Gaynet: “Gerontophilia è bello e utile. Bruce LaBruce ci fa vedere la realtà dei fatti, ovvero quella dell’amore vero e disinteressato tra un giovane e una persona anziana, uno dei grandi tabù dei nostri tempi in campo sessuale ed affettivo”.
E proprio un anziano illustre ha ricevuto ieri un importante riconoscimento: all’indiscusso maestro 78enne William Friedkin, autore di due cult gay dal cuore di tenebra, “Cruising” e “Festa per il compleanno del mio caro amico Harold”, è stato assegnato ieri, proprio nel giorno in cui ha compiuto gli anni, il Leone d’Oro alla Carriera. Il grande regista americano de “L’esorcista” e “Il braccio violento della legge” ha ricordato che “l’arte è un martello. Questo è anche il ruolo del cinema: trasformare la società, mostrare e far accettare le diversità”.
Fredda accoglienza invece per l’altro scandalo annunciato, il sulfureo thriller fuori concorso “The Canyons” di Paul Schrader sceneggiato da Bret Easton Ellis, autore del romanzo da cui è tratto, e interpretato dal divo hard James Deen (al secolo Bryan Matthew Sevilla) e Lindsay Lohan che non ha potuto essere presente al Lido per motivi di salute.
Nessun applauso è seguito a questa torbida vicenda su un produttore hollywoodiano con l’hobby di girare filmini porno amatoriali e la sua lasciva fidanzata ex modella con cui ha una relazione tormentata. Scene hot queer? James Deen si concede un full frontal e in un’orgia a quattro è incitato dalle due donne ad avere un rapporto sessuale con l’altro maschio (che si china su di lui per un blowjob ma non si vede null’altro).