La Storia e le storie: per comprendere quello che siamo stati e capire il nostro presente, dobbiamo affidarci alla voce di chi racconta, alle parole di chi scrive e alle loro storie. Cinque libri LGBT+ che fanno della testimonianza un valore letterario, politico e scientifico.
1) All’amico che non mi ha salvato la vita – Hervé Guibert – GOG Edizioni
Per raccontare di sé e del suo sangue esposto alla malattia, Hervé Guibert ricorre alle tecniche dell’autofinzione. In All’amico che non mi ha salvato la vita, pubblicato per la prima volta nel 1990 da Gallimard e ripubblicato di recente in Italia da GOG, lo scrittore e fotografo francese racconta la diagnosi e il decorso della malattia: «Ho avuto la malattia per tre mesi. Più esattamente, ho creduto per tre mesi di essere condannato dalla malattia mortale che chiamano AIDS». Nessun filtro (se non quello narrativo, che è più che altro una cassa di risonanza) e nessun pudore, Guibert racconta tutto fino in fondo, fino al baratro e all’abisso, racconta le terapie, i dolori, i contorcimenti del corpo, i linfonodi ingrossati, le iniezioni di Trophisan, la morte. Senza filtro, senza pudore e senza giudizio. Racconta una storia, la sua, personalissima e scomoda e intanto racconta un’epoca, il tempo in cui l’HIV era ancora la malattia «delle scimmie verdi, degli stregoni, degli ipnotizzatori», il morbo che apre la strada alla belva che ci abita, che apre le cataratte della distruzione. La fine degli anni Ottanta era ancora il tempo in cui l’HIV era più che altro un chiacchiericcio, per molti il risultato di una guerra biologica tra Brezhnev e Reagan. L’amico del titolo – quello che non ha salvato la vita – nel romanzo si chiama Muzil e nella vita si chiamava Michel Foucault, amante e poi affezionato confidente dell’autore, morto anch’egli per il decorso dell’HIV. Questo romanzo è il frutto di una decisione presa al bivio: cedere all’agonia e lasciarsi morire, oppure scrivere, affidarsi alle parole. Guibert ha scelto la seconda strada, ha scelto la letteratura, lo slancio vitale. Una testimonianza fondamentale, un diario che supera i limiti dell’indicibile.
2) Meno cazzate, Nat Gildi, Giulio Perrone Editore
«Ecco tutta la storia, proprio tutta, tutti i motivi per cui ho fatto quello che ho fatto. Tutto quello che ha portato a quel momento. Giudicatemi pure».
Sebbene Nat Gildi e Hervé Guibert siano agli antipodi, sebbene i loro testi siano diversi nello stile e nel contenuto, sebbene appartengano a epoche diverse, c’è una sfrontatezza di fondo che accompagna i loro libri, un comune desiderio di raccontarsi senza eccedere in mistificazioni. La storia che Nat Gildi vuole raccontare ai suoi lettori in Meno cazzate ha a che fare con un atteggiamento bulimico nei confronti dei corpi altrui, con il sesso che è una cura palliativa. C’è qualcosa, un’ombra scura, un dramma nascosto che tormenta la figura centrale del romanzo, una persona non-binary fotografata in quella spaventosa terra di mezza tra l’adolescenza e i vent’anni. Al dramma non sembra esserci però una risoluzione concreta e allora l’unica strada percorribile è quella del sesso, che copre i vuoti, sospende il pensiero, permette di fuggire da sé stessi, dal proprio corpo, dalla propria storia. Meno cazzate è un’educazione sentimentale feroce e inesorabile, il diario di una persona che si regala come pane agli uccelli e si sparge ovunque pur di provare a comprendersi.
3) Storia transgender. Radici di una rivoluzione, Susan Stryker, LUISS University Press
Anche per raccontare la Storia, quella con la S maiuscola, serve partire da sé. È una pratica femminista, una rivendicazione necessaria, che costringe finalmente a riflettere intorno al fatto che il sapere, compreso quello scientifico, non è mai neutrale. Per questo è importante partire da sé, dalla posizione che occupiamo, e da lì raccontare il nostro osservatorio e poi ampliare lo sguardo, provare a raccontare la Storia. È questo il presupposto con cui Susan Stryker si approccia alla scrittura della sua Storia transgender. Radici di una rivoluzione (Luiss University Press):
«Come donna transessuale ho dato anche io il mio contribuito al fare quella storia, assieme a una moltitudine di altre persone. Nonostante io cerchi di raccontare quella storia in modo ampio e inclusivo, ciò che ho da dire è inevitabilmente influenzato dal mio coinvolgimento nei movimenti sociali transgender, dalle mie altre esperienze di vita e dal mio modo unico, in quanto persona, di considerarmi transgender.»
Un testo che si inserisce in un discorso intersezionale e ricostruisce parte della storia transgender: dalle fondamenta del movimento alle rivolte, dalla liberazione trans alla transfobia femminista, dal femminismo queer ai temi legati alla rappresentazione mediale. Storia transgender è un testo recente e centrale, che segna il punto e apre a dibattiti nuovi e rinnovati.
4) Tra le rose e le viole, Porpora Marcasciano, Edizioni Alegre
In chiusura di Storia transgender. Radici di una rivoluzione, Antonia Caruso intervista Porpora Marcasciano che occupa nel nostro paese un posto simile a quello occupato da Stryker negli Stati Uniti e che qui (e altrove!) con la sua inesauribile lucidità riflette sulle gerarchie interne al dibattito trans e invita a considerare la specificità dei diversi contesti culturali. Succede che leggendo il suo intervento impeccabile e illuminante, mi torna in mente Tra le rose e le viole (Edizioni Alegre), un testo che a suo modo ricostruisce alcuni capitoli della storia trans italiana. Anche in questo caso, come in tutti i testi che stiamo considerando, il gesto testimoniale ha un valore fondante, è il motore propulsore e il motivo della scrittura. Marcasciano si affida qui alla sua storia, alla sua esperienza e al suo sguardo, ma al tempo stesso si apre al dialogo e intervista transessuali e travestiti che ha incontrato e conosciuto. E così, una voce dopo l’altra, ci restituisce il tono di un coro nutrito e variegato, una storia plurale e comunitaria che dobbiamo continuare a conoscere.
5) Fabrizio Lupo, Carlo Coccioli, Marsilio
Fabrizio Lupo è un romanzo che a Carlo Coccioli costa la fuga e l’esilio in Messico. Un romanzo senza dubbio coraggioso, considerato nell’Italia provinciale del secondo dopoguerra blasfemo e oltraggioso. Racconta di un Fabrizio Lupo aspirante scrittore che si reca da Coccioli per raccontagli la sua storia. Essenzialmente una storia d’amore, l’amore per il giovane Laurent, l’amore sbagliato, pederasta e uranista. Fabrizio Lupo è anche un’operazione letteraria interessante e ambiziosa, un romanzo nel romanzo; Coccioli riporta la storia del suo protagonista affidandosi proprio al romanzo autobiografico che il suo Lupo ha scritto per dare testimonianza del suo amore. Un romanzo tragico e bellissimo, una storia troppo spesso dimenticata.
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