Gli scontri interni tra le due frange di femminismo che operano in contrapposizione – TERF e transfemministe – si inaspriscono sempre di più. Solo un paio di giorni fa, a Cardiff, un gruppo di attiviste lesbiche è stato allontanato dalla manifestazione Pride a causa di alcune tensioni createsi durante la parata.
Il gruppo – denominato “Get The L Out UK” e formato da diverse componenti che rigettano l’idea d’includere le donne trans nel movimento femminista, ha ricevuto un ammonimento dalla polizia in seguito ad alcuni slogan esibiti in occasione del Gay Pride.
Diversi video hanno ripreso l’accaduto e, sebbene non vi siano stati episodi di violenza su St Mary Street, le tensioni sono più che evidenti.
Gli organizzatori dell’evento, Pride Cymru, hanno in seguito dichiarato che il gruppo antagonista avrebbe utilizzato slogan offensivi verso la comunità transgender, tra cui “il transattivismo cancella il lesbismo” e “alle lesbiche non piace il c*zzo”.
Inoltre, pare che “Get The L Out UK” non fosse stato invitato alla parata, e che quindi la loro presenza fosse in realtà una vera e propria incursione.
Nelle varie clip che testimoniano l’accaduto, è possibile sentire la polizia che intima alle attiviste di allontanarsi per evitare scontri.
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Poliziotto: “Al momento, la vostra marcia sta disturbando e creando tensioni con altri gruppi di persone”
Attivista: “Siamo lesbiche, è il Pride”
Poliziotto: “Qualsiasi cosa siate, al momento, siete un problema”
Attivista: “Ti rendi conto che stai allontanando delle lesbiche da una marcia LGBTQIA+?”
Poliziotto: “Lo so, lo sto facendo per la vostra sicurezza e quella delle altre persone coinvolte”
Attivista: “Dovresti saper proteggere un gruppo di persone senza allontanarle”
Il video ha dato vita a tutta una serie di polemiche che hanno, ancora una volta, spaccato in due il movimento femminista, tra chi sostiene che Get The L Out UK avesse il diritto di partecipare al Pride e chi invece prende la cosa come una mera provocazione.
La spaccatura interna al movimento femminista
Sebbene l’acronimo LGBTQIA+ unisca lesbiche e transgender sotto lo stesso cappello, la controversia interna non è certo una news freschissima.
Le cosiddette TERF esistono dai primi anni 2000, e la loro prospettiva “gender critical” è stata spesso oggetto di pesanti critiche da parte dellǝ attivistǝ transfemministǝ.
Alcune femministe – che si definiscono “radicali” – sostengono infatti che l’”ideologia trans” vada di fatto a cancellare l’identità lesbica e sia radicata nel patriarcato e nella misoginia.
“Get The L Out UK” – che non è nuova a questo tipo di plateali provocazioni – ha spiegato la propria teoria sul sito web dell’associazione, definendo il movimento LGBTQIA+ sempre più “anti-lesbico e misogino”.
Secondo le attiviste TERF, le donne transgender non possono fare parte del movimento femminista, mentre gli uomini transgender non sono altro che lesbiche “confuse”, incoraggiare da un movimento LGBTQIA+ “marcio” a compiere un percorso di transizione tramite lavaggio del cervello.
“Riteniamo che i diritti delle lesbiche siano sotto attacco da parte del movimento trans, e incoraggiamo le lesbiche di tutto il mondo ad abbandonare la comunità LGBTQIA+ per formare il proprio movimento indipendente” hanno affermato alcune esponenti del gruppo.
La protesta ha ricevuto un’ampia condanna dai media LGBTQ, spingendo gli organizzatori di Pride Cymru a offrire le proprie scuse ufficiali, che hanno definito il comportamento delle manifestanti “scioccante, disgustoso e da condannare”.
Il movimento TERF dagli anni 70 a oggi
L’idea TERF che l’attivismo transgender sia dannoso per le donne, in particolare per le lesbiche, viene sostenuta dalle femministe radicali sin dagli anni ’70, secondo Lillian Faderman, storica lesbica e autrice di “The Gay Revolution: The Story of the Struggle“.
Secondo Faderman, il femminismo radicale non riflette le convinzioni della maggior parte delle lesbiche.
Ciò che tende a distinguere le cosiddette TERF dalle altre femministe è la convinzione che l’identità di una donna sia radicata nella biologia, un punto di vista criticato da alcune attiviste LGBTQ come “essenzialista”, ha spiegato Faderman.
Il primo episodio reclamabile dal gruppo radicale è sicuramente quello svoltosi alla primissima conferenza nazionale lesbica dell’UCLA, nel 1973, dove la cantante folk transgender Beth Elliot era stata fischiata e costretta a interrompere la sua esibizione in anticipo.
“Ricordo solo queste donne sedute molto vicino a me che urlavano: ‘È un dannato uomo! È un dannato uomo!’” ha detto Faderman, che era presente all’evento.
La faida più nota tra “femministe radicali” e donne transgender ruotava attorno al Michigan Women’s Music Festival, noto come “MichFest”. L’evento annuale per sole donne era popolarissimo tra la comunità lesbica.
Nel 1991, MichFest ha chiesto a una donna transgender di lasciare il festival e per i due decenni successivi l’evento è stato oggetto di pesantissime critiche, con gli organizzatori accusati di transfobia e integralismo.
Gli organizzatori del MichFest non hanno rivelato esplicitamente una politica ufficiale contro le donne transgender partecipanti al festival, secondo Faderman, ma hanno apertamente affermato che si trattava di uno spazio per “donne nate”, il che significa che era incentrato sulle donne cisgender.
Negli anni più recenti, si è fatto largo il termine TERF – trans exclusionary radical feminist – che viene utilizzato proprio per definire coloro che non supportano la partecipazione delle persone transgender negli spazi femminili né nella lotta per l’eguaglianza.
Una frangia pericolosa e radicalizzata, che oggi in Italia ha velatamente mostrato il proprio supporto a Giorgia Meloni, esponente di estrema destra candidata alle elezioni del 25 Settembre.
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