Gli orrori di Caivano e la famiglia tradizionale

Abusi, incesto, pedofilia: report shock dalla regione Campania. Che valore morale ha una difesa cieca del modello familiare tradizionale?

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Ci hanno raccontato che la famiglia tradizionale è l’unica garanzia possibile di equilibrio e benessere. Ci hanno raccontato che il bene dei bambini è avere un padre e una madre. Ci hanno raccontato che la natura ha così indicato la strada da percorrere, la retta via. Eppure ormai i media straboccano di storie torbide e inquietanti, in cui i membri della cara buona famiglia tradizionale si infliggono a vicenda violenze e dolori davanti ai quali è difficile persino riuscire a commentare. Storie oscure e rigorosamente da coppia “naturale” come i benpensanti amano definire la coppia uomo-donna, storie che avvengono tra “normali”, tra uomini che amano le donne, ma le uccidono. Tra bambini che hanno un padre e una madre, ma ciò non basta a proteggerli da un carico di dolore infinito.

In particolare la Campania in questi ultimi mesi è stata il triste scenario di racconti dell’orrore, fatti di orchi senza scrupoli che, con la connivenza e la complicità di un contesto profondamente ignorante e degradato, hanno violato, abusato, ucciso. Il Garante dell’Infanzia e dell’Adolescenza della Campania, Cesare Romano ha dichiarato: “Ci sono zone di Napoli, Afragola, Acerra e Caivano dove abusi sessuali e incesto sono la normalità. Abbiamo evidenziato oltre 200 casi”. Oltre 200 casi di maltrattamenti e violenza di cui poco o nulla si sa, abusi sommersi fra quelle mura domestiche che dovrebbero proteggere e tutelare.

Sempre Romano, riferisce di una serie di testimonianze dirette e indirette, secondo le quali all’interno di intere zone gli abusi arrivano a essere la normalità. La lacerante vicenda del Parco Verde di Caivano, della piccola Fortuna Loffredo, morta dopo essere stata buttata dal terrazzo da chi avrebbe abusato di lei, non sarebbe quindi l’unica. Di fronte al flusso costante di notizie del genere, non sarà allora arrivato il momento di liberarsi dei preconcetti e mettere il buon senso e magari pure un po’ il cuore al centro del dibatto? Non è arrivato il momento di dire che contano gli atteggiamenti e i comportamenti, non le identità? A questo fa pensare il buio morale e affettivo, l’abominio di vicende come queste della Campania. Un abominio fatto di madri e padri, conviventi e amanti che si spalleggiano in un groviglio di degrado e ignoranza. Un gorgo di nefandezze e squallore che risucchia bambini e ragazzini, infliggendo loro scelleratezze davanti alle quali non si può che restare sconvolti.

Se è certo che non tutte le famiglie vivono e producono drammi del genere, è chiaro però anche che i cattolici intransigenti difendono un modello che non risulta affatto immune da problemi sempre più intollerabili, in cui i più deboli – donne e bambini in primis – figurano come le vittime per eccellenza, il capro espiatorio per le instabilità e il disagio dei carnefici. Che valore morale ha una difesa cieca del modello familiare tradizionale? Abbiamo di fronte spesso delle strutture familiari patriarcali in cui, come si vede dalla vicenda di Caivano, all’uomo di casa è permesso di tutto, anche di violare e rovinare l’infanzia. E le donne in queste vicende figurano come complici o addirittura co-autrici, che occultano i delitti del mostro e anzi lo aiutano a portare a termine piani raccapriccianti.

E’ ora di separare abitudine e moralità, ciò che si è sempre fatto da ciò che è bene fare. Il così fan tutti non ci basta, non può più bastare di fronte alla contraddizione di un modello tradizionale per niente immune da nefandezze e tracolli. Tocca imparare a rispondere ai vari difensori della tradizione e del Family Day, forti ormai di tutti i casi che la cronaca nera offre, dei femminicidi, degli stupri, dei piccoli ammazzati, delle mogli scomparse nel nulla. Se a Caivano e in altre zone di Napoli è possibile dirottare la colpa su povertà e ignoranza e sul contesto di illegalità diffusa, così non può però essere per i tanti, troppi casi in cui la famiglia tradizionale è un teatro degli orrori difficile da bonificare appunto perché depositario della norma, della regola.

Tante vicende, che sempre la cronaca ci ha fatto conoscere, avvengono nel ricco Nord o nella tranquillissima ed elegante provincia, in villette a schiera, tra gente di Chiesa e mariti membri delle forze dell’ordine, fidanzati che si proclamano innamorati o ex rispettabilissimi. Nel 2014 (dati Eures) si sono registrati 152 femminicidi, il 77% dei quali maturati nell’ambito familiare. Più in dettaglio, il più alto numero di femminicidi (48, pari al 59,3%) è stato commesso dal coniuge o convivente mentre il 19,8% (16 vittime) da un ex.  Nel 2014 i figlicidi sono stati 39, uno ogni 10 giorni. Ben il 77% in più rispetto al 2013 e in crescita costante rispetto agli ultimi 15 anni. 

Tra le tante trasformazioni contemporanee delle immagini che guidano e modellano la vita delle persone, dei modelli normativi per la vita civile, la politica deve al più presto farsi carico proprio di questo. Separare pregiudizio e realtà, dogma e vita concreta. Diffondere immagini e orizzonti più credibili di cosa debba e possa essere la famiglia nel 2016.

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