L’esclusione delle persone trans nello sport va contro la salute pubblica: lo studio

Divieti e ban a tutti i livelli hanno un significativo impatto sulla salute mentale delle persone trans.

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Il tema dell’inclusione delle persone transgender negli sport a tutti i livelli è un crogiolo di questioni legali, etiche, sociali e mediche che spesso tende ad ignorare l’elemento umano, focalizzandosi semplicemente sulla performance.

In America del Nord,  23 Stati hanno adottato leggi specifiche che vietano la partecipazione dellə atletə trans a competizioni sportive coerentemente con la loro identità di genere. In Italia, la questione non è ancora entrata nel mainstream del dibattito pubblico e politico. Recentemente abbiamo pubblicato l’intervista a Libera Rugby, che ci ha spiegato: “Ci siamo battuti per includere atletə transgender nel rugby” – Appuntamento alla Bingham Cup a Roma nel Maggio 2024  Leggi >>>

Una recente prospettiva pubblicata su JAMA Pediatrics, frutto della collaborazione di medici specializzati in medicina sportiva pediatrica e ricercatori nel campo dei servizi sanitari alla Vanderbilt University Medical Center, aggiunge tuttavia un ulteriore livello di complessità al dibattito.

L’importanza dello sport per la salute mentale dei giovani

Prima di affrontare l’impatto specifico che i divieti sportivi possono avere specificamente sullə giovani trans, è fondamentale comprendere la complessa e multipla funzione dello sport nell’educazione e nello sviluppo delle persone in età adolescente – doverosa introduzione contenuta nella ricerca “Sports Participation and Transgender Youths

Non si tratta soltanto di un passatempo fisico o di un mero esercizio di competizione; esso rappresenta un elemento chiave nel panorama del benessere globale delle persone giovani.

La pratica sportiva offre un contesto in cui lə giovani possono sviluppare la resilienza, la capacità di gestire lo stress e di affrontare le sfide. Il suo aspetto sociale, che spesso culmina nella formazione di una comunità di pari, funge da rete di sostegno che può mitigare i sintomi di depressione, ansia e altri disturbi.

La sensazione di realizzazione e successo che può derivare dal raggiungimento di un obiettivo o dal superamento di un avversario può avere un impatto profondo sull’autopercezione di unə giovane. Questi sono aspetti particolarmente cruciali in una fase della vita in cui l’individuə sta ancora cercando di definire la propria identità e di comprendere il proprio posto nel mondo.

Diversi studi hanno infine evidenziato una correlazione positiva tra attività fisica e tassi di permanenza a scuola, nonché un miglioramento nelle performance accademiche.

In questo contesto multidimensionale, ignorare i benefici che lo sport può portare nella vita dellə adolescenti equivale a mettere da parte un prezioso strumento di benessere e sviluppo. L’esclusione di specifiche comunità, come quella dellə giovani trans, da queste opportunità rappresenta non solo una discriminazione, ma anche un grave errore nella promozione della salute e del benessere globale.

In copertina: Lia Thomas nella storia: prima nuotatrice trans a vincere alla NCAA

Implicazioni dei divieti sportivi sui giovani trans

Sempre secondo le evidenze presentate in “Sports Participation and Transgender Youths“, le conseguenze dei divieti risultano particolarmente pesanti per lə giovani appartenenti al gruppo LGBTQIA+, e in special modo per quellə trans. Questa popolazione è considerata a rischio. Lo studio parla soprattutto di salute mentale. Le persone trans sono più espostə a problemi di depressione, perché vivono lo stigma della società.

L’implementazione di politiche che limitano o escludono la partecipazione sportiva agisce come un ulteriore fattore di stress, contribuendo ad amplificare il rischio psicologico, e al deterioramento del benessere mentale.

Considerato il ruolo cruciale che lo sport svolge nella costruzione di una rete di supporto sociale e nel rafforzamento della salute mentale, la negazione di quest’opportunità può avere conseguenze significative. Nello studio viene sottolineato come esso possa servire come uno spazio di inclusione e affermazione, un luogo dove i giovani possono sentirsi accettati e validati nella loro identità di genere.

Anche in assenza di divieti legislativi formali – in Italia i regolamenti sono pochi e confusi –, è importante notare che la partecipazione sportiva tra lə giovani trans è già minata da numerosi ostacoli sociali e strutturali.

La mancanza di spogliatoi privati nelle strutture o la presenza di atteggiamenti discriminatori all’interno della comunità sportiva sono solo alcuni dei fattori che contribuiscono a ridurre i tassi di partecipazione tra giovani trans rispetto a coetanee e coetanei cisgender.

Questo fenomeno crea un ciclo vizioso: l’esclusione iniziale contribuisce a isolare ulteriormente lə giovani trans, che a loro volta diventano ancora più vulnerabili ai problemi di salute mentale.

In questo contesto, le raccomandazioni degli esperti che hanno condotto la ricerca vertono sull’adozione di politiche inclusive che possano garantire un accesso equo e sicuro per tuttə lə giovani, indipendentemente dalla loro identità di genere.

Oltre alla revoca dei divieti esistenti – almeno in ambito di sport dilettantistico – è necessario un impegno attivo per abbattere le barriere sociali e strutturali che impediscono la partecipazione [delle persone trans]

Il mito del vantaggio fisico: sfide e contraddizioni nell’evidenza scientifica

Uno degli argomenti più citati a favore dei divieti sportivi per le persone trans è il presunto vantaggio fisico che lə giovani trans avrebbero su coetanee e coetanei cisgender.

La teoria si concentra principalmente sull’idea che le ragazze trans, per esempio, avrebbero un vantaggio in termini di forza e velocità rispetto alle ragazze cisgender, rendendo quindi “ingiusto” il loro inserimento in competizioni sportive femminili.

Tuttavia, come sottolineato da Alexander Sin, ricercatore in medicina sportiva presso il Vanderbilt University Medical Center a capo della ricerca, le prove scientifiche che supportano questa affermazione sono lontane dall’essere definitive.

Anzi, gli studi disponibili sono spesso contraddittori e ancora in fase di esplorazione. Mentre alcune ricerche sembrano suggerire che le donne trans possano avere vantaggi misurabili in certe capacità fisiche come forza e velocità, è altrettanto vero che questi parametri non si traducono automaticamente in un netto vantaggio in termini di performance atletica.

Questa è infatti determinata da una vasta gamma di fattori, inclusi allenamento, tecnica, psicologia e, naturalmente, talento individuale.

Ridurre la questione a un singolo parametro è una semplificazione che ignora la complessità intrinseca dello sport. Ad esempio, un vantaggio in forza potrebbe essere annullato da una minore efficienza in altre aree, come l’agilità o la resistenza.

Il ruolo cruciale della medicina sportiva pediatrica: tra leggi, benessere e advocacy

Una comunicazione aperta e costruttiva tra medici, genitori, atleti e allenatori è indispensabile per destigmatizzare la partecipazione delle persone trans a competizioni sportive e per garantire un ambiente accogliente e inclusivo. Si legge nella ricerca:

I medici hanno il compito non solo di fornire consulenze mediche, ma anche di educare la comunità sugli aspetti psicologici e sociali legati all’inclusione delle persone trans nello sport – facendo fede anche alle ultime evidenze scientifiche. Il coinvolgimento attivo da parte dei medici nel dibattito sull’inclusione delle persone trans nello sport non è solo una questione di etica medica, ma rappresenta un dovere più ampio verso la giustizia sociale.

In un’epoca in cui le leggi e i regolamenti sullo sport trans possono avere un impatto tangibile sulla qualità della vita e sulla salute di giovani vulnerabili, i medici di medicina sportiva pediatrica sono in una posizione unica per fare la differenza, agendo come intermediari tra la scienza medica, i diritti civili e il benessere complessivo delle nuove generazioni.

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