Seminari e incontri islamici anti-LGBTQIA+: bufera sul Politecnico di Milano, ecco cosa è successo

Due i convegni al centro delle controversie: "Il ruolo dei giovani musulmani in occidente" e "Mascolinità nella prospettiva islamica".

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Islam LGBTIAQ musulmani Politecnico Milano
Islam LGBTIAQ musulmani Politecnico Milano
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Ieri 10 Aprile terminava il Ramadan, tradizione religiosa affascinante e molto cara agli oltre 2 miliardi di fedeli musulmani nel mondo. Un mese di astinenza ed introspezione, che cade ogni anno in questo periodo, e che, per chi ci crede, porta alla purificazione del corpo e dello spirito.

Oltre ad essere una pietra miliare della confessione islamica, il Ramadan è però stato quest’anno oggetto di polemiche nel nostro paese. secondo alcune fonti – smentite dai diretti interessati – l’Associazione Studenti Musulmani avrebbe chiesto al Politecnico di Milano la sospensione delle lezioni per rispetto del credo dei propri studenti musulmani.

Ad oggi, i contorni della vicenda non sono ancora chiari: in un comunicato, l’associazione ha negato l’istanza sostenendo di aver semplicemente chiesto alle istituzioni di “considerare l’opportunità di riconoscere questa festività, non necessariamente con la completa sospensione delle lezioni”.

Tuttavia non si tratta dell’unica controversia che coinvolge questo collettivo di student*. Prima di approfondire, tuttavia, è necessaria una doverosa premessa. Come specificato in precedenza, il credo islamico è il secondo più diffuso al mondo, e, come qualsiasi altra confessione religiosa, presenta moderati ed estremisti, conservatori e progressisti.

Parlare di islam nel 2024 richiede certamente tatto, e le generalizzazioni fanno più danni che altro – anche alla luce della crisi mediorientale scoppiata nel tardo 2023. Ma, come ogni confessione religiosa, anche l’islam – specialmente nella sua espressione più estremista – presenta diverse componenti problematiche che vanno decostruite per renderlo più accogliente e inclusivo per chiunque vi si voglia avvicinare.

Una tra queste è la canonica ostilità verso le identità LGBTQIA+ – presente peraltro anche nella stragrande maggioranza delle religioni monoteiste e antropocentriche occidentali. Un nodo complesso, specialmente nell’ambito del dibattito Israele-Palestina: divers* attivist* queer sono state criticate e attaccate per aver difeso il popolo palestinese da persone che gridavano alla presunta ipocrisia di una comunità LGBTQIA+ pronta a difendere i suoi stessi oppressori.

Ciò che però molti detrattori faticano a comprendere è che il binomio musulmano-LGBTQIA+ non è una chimera: le persone queer di fede islamica sono molte più di quelle che pensiamo.

Ed è anche per questo motivo che, quando arrivano notizie di seminari sulla fede musulmana che ostracizzano la comunità queer rivendicando il diritto di farlo, è desolante. Lo è per i cattolici queer quando il vaticano emana un documento che li attacca, lo è anche per i musulmani queer che affrontano un inutile e dolorosissimo dualismo.

Al centro della polemica è nuovamente il Politecnico di Milano, conosciuto anche per la sua spinta verso l’inclusività verso le identità LGBTQIA+ e la celebrazione della diversità, accusato però di ospitare convegni e interventi sulla fede mussulmana in diretta contrapposizione con questi valori.

 

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Secondo quanto riportato da alcune fonti, l’università avrebbe infatti organizzato un incontro Zoom su “Il ruolo dei giovani musulmani in occidente con l’imam Suhaib Webb – studioso e ricercatore presso il Centro Islamico dell’Università di New York già conosciuto per avere, lo scorso anno, difeso il proprio diritto ad esprimersi contro la comunità LGBTQIA+ perché parte della propria confessione religiosa e dettame del Corano.

Visioni simili a quelle di Wepp sono poi state presentate anche da Amir Fallaha, giovane studente di medicina e di scienze islamiche, nonché figura ben nota sia nella comunità italiana che europea, grazie alla sua attiva partecipazione a incontri virtuali e seminari, tra cui il controverso “Mascolinità nella prospettiva islamica” a cui è stato invitato come relatore – sempre dal Politecnico di Milano.

 

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Attraverso i suoi podcast e il profilo Instagram, Fallaha si impegna nell’ambizioso progetto di divulgare gli insegnamenti dell’Islam. Tuttavia, tra le varie tematiche affrontate, particolare attenzione è stata riservata all’omosessualità e alla comunità LGBTIAQ+, e a come essa sia in diretta opposizione con gli insegnamenti del corano (haram=peccato), e a come essa sia una “prova di fede” inviata da Allah.

Ci troviamo davanti al classico dilemma: se desideriamo davvero un mondo dove viga la libera espressione, e dove chiunque abbia il diritto di professare il proprio credo e di vivere la propria identità senza costrizioni, allora dobbiamo per forza accettare che esista anche il linguaggio d’odio?

Naturalmente no. L’islam, come la religione cristiana, si basa su principi interpretabili, che possono e devono essere adattati al progresso sociale e culturale. Quindi se da una parte esiste il sacrosanto dovere di rispettare un credo, dall’altra questo stesso credo ha il dovere di fare lo stesso nei confronti delle altre minoranze oppresse.

Non criticare l’islam significa non credere che possa evolversi. Se l’inclusione parte anche dal dare spazio alle istanze di tutte le minoranze – Milano ne è un esempio, con l’annuncio della costruzione di una nuova moschea in zona Parco Trotter – ciò non significa aprire anche all’integralismo a scapito della comunità LGBTQIA+. In questo modo, si rischia invece ancora una volta di perpetrare e normalizzare bias pericolosissimi, specialmente in periodi di serratissimo dibattito come quello corrente.

Come ogni istituzione – specialmente se accademica – anche il Politecnico di Milano ha quindi il dovere di monitorare tali atteggiamenti e di prenderne le distanze: elevare una minoranza non significa soffocarne un’altra. 

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