Si è spento, all’età di 64 anni, don Carlo Rebagliati , diventato personaggio noto per aver dichiarato di essere gay e sieropositivo, per aver testimoniato contro i preti pedofili quanto la Chiesa continuava a negare il fenomeno e, in ultimo, per essere stato accusato di sfruttamento della prostituzione, accusa, a quanto pare, archiviata “perché i fatti non sussistono”.
Per questi fatti, don Rebagliati venne indotto a dimettersi da parroco della parrocchia di Noli di cui era titolare e, poi, ridotto allo stato laicale dalla Congregazione per la Dottrina della Fede.
“Si usa una logica perversa che proprio, come un serpente, si insinua e rende infido ogni procedimento – scrisse lo stesso don Rebegliati qualche tempo fa -: HIV>droga>omosessualità>pedofilia>ambiguità di comportamento e, quindi, scarsa credibilità.Il mio dramma fu quello di essere stato chiamato in procura a testimoniare, come persona informata dei fatti, su alcune questioni ecclesiastiche non perfettamente lineari soprattutto per quanto riguarda l’aspetto amministrativo e un fatto di pedofilia”.
“Nella mia ottica del tempo che si è fatto breve e nel desiderio di giustizia – continuava l’ormai ex parroco -, mi sono fatto coraggio e ho risposo al magistrato quello che sapevo. Si è scatenato contro di me l’inferno mediatico e sono diventato dapprima il grande accusatore della chiesa e in un secondo momento l’autore di pratiche infamanti quali istigazione alla prostituzione e diffusione dell’HIV mettendo in atto un tentativo di infettare un mio sedicente partner, per non avergli dichiarato la mia condizione di salute.
Poi un po’ di pedofilia non guasta mai e anche di quello sono stato accusato: tutte menzogne archiviate o in via di archiviazione presso la Procura della Repubblica perché i fatti non sussistono”.
Non gli era mai mancato, comunque, il supporto dei suoi ex parrocchiani e degli amici. “Le persone che mi hanno conosciuto – raccontava – continuano a stimarmi per quello che sono e per quello che ho fatto: mi hanno scritto tu sarai sempre per noi come quando eri parroco il nostro esempio, la nostra guida, un nostro maestro e un nostro fratello”.
Don Rebagliati non aveva voluto nascondere a nessuno la sua condizione di sieropositivo volendo, anzi, che diventasse motivo di testimonianza. “Forse il Signore aveva in mente questo per me – diceva -, e io l’ho interpretata come una missione”. E non aveva nascosto neanche la sua omosessualità. “Ormai mi vedo come Rugantino – aveva dichiarato in un’intervista a Repubbica nel 2011 -: ‘na botta e via. A me, a noi preti non è concessa altra forma di affettività. E guardi che è davvero una condanna, non una libertà”.