Non esiste nessuna correlazione tra omosessualità e AIDS. Questo quello che uscì dalla riunione tra Governo USA, il Centers for Disease Control and Prevention di Atlanta e gli esponenti del movimento omosessuale dell’epoca. Era il 27 luglio 1982, e gli Stati Uniti stavano vivendo una crisi sanitaria senza precedenti, quella definita Gay-Related Immune Deficiency, o GRID. Quel giorno, dalla riunione emerse un fatto: l’HIV e l’AIDS non colpiscono solo le persone omosessuali, non si può quindi definire “il cancro dei gay”. Con il “dispiacere” di alcuni conservatori americani.
Era il 27 luglio 1982 e l’AIDS venne identificato con la sua esatta definizione, usata ancora oggi: sindrome da immunodeficienza acquisita (Acquired Immune Deficiency Syndrome), il suo acronimo, appunto AIDS.
Il cancro dei gay e il disinteresse della società
Morbo dei gay. Cancro dei gay. Un virus che colpiva solo i tossicodipendenti e le persone omosessuali. Così era conosciuta quella strana malattia senza cura. Chi veniva infettato, doveva solamente attendere la morte, senza troppa compassione da parte dello Stato e dalla società.
Per questo motivo il 27 luglio 1982 divenne una data importante per la comunità LGBT, perché eliminò quell’orribile definizione con cui era conosciuto l’AIDS. Oltre a tanti altri: la malattia, il morbo, il cancro dei gay.
Da quell’anno, la ricerca fece anche passi in avanti. Accertato che non attaccava solo i gay, anche la medicina decise che era un nemico di cui aver paura. Fu così che solo 5 anni dopo si parlò di HIV, e si trovarono i primi farmaci che potevano rallentare l’effetto distruttivo. Oggi, con una diagnosi rapida, una persona sieropositiva può condurre una vita normale, rispetto a decenni fa.
Il paziente di Berlino e gli altri due guariti
Non c’è una cura. I farmaci anti retrovirali ormai da anni riescono a bloccare la diffusione del virus, portando anche il rischio di contagio pressoché a zero. Solo 3 persone sono guarite completamente. Il primo è appunto il “paziente di Berlino“, chiamato così per ragioni di riservatezza.
Era il 2007 quando il paziente, affetto da leucemia e sieropositivo da 10 anni, fece un trapianto di midollo. Con stupore di medici ed esperti, anche il virus dell’HIV era sparito, anche dopo l’interruzione dei farmaci. A quanto pare, fu il DNA del donatore anonimo, che aveva una mutazione particolare, resistente all’HIV.
La stessa cosa avvenne per il “paziente di Londra”, che guarì completamente grazie al trapianto di midollo. Diversa invece la cura per il “paziente di San Paolo”, scoperto solo a luglio 2020. Il merito sarebbe di un nuovo mix di farmaci, che ha stanato il virus il cui vantaggio sta proprio nel nascondersi nell’organismo, sfuggendo alle terapie e continuando a intaccare il sistema. Da oltre un anno, il “paziente di San Paolo” non assume farmaci, e sembra che il virus non dia segni di vita.
Lo stigma rimane, ancora oggi
Nonostante le prove scientifiche presentate che eliminavano ogni collegamento tra omosessualità e AIDS, lo stigma del “cancro dei gay” è a lungo restato a galla. Purtroppo ancora oggi.
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