Crocefisso simbolo di discriminazione gay. Via dalle scuole

Una sentenza della Corte di Giustizia europea accoglie il ricorso di una donna contro il crocefisso nelle aule scolastiche. Fra le motivazioni c'è anche il presunto simbolo delle discriminazioni gay.

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«Non voglio irritare nessuno, ma il crocifisso ha dietro tantissime cose negative, a partire dalla discriminazione verso le donne e gli omosessuali»: Soile Lautsi spiegava così nel 2002 il ricorso al Tar del veneto che aveva aperto una vicenda riguardante la presenza del simbolo cristiano della aule scolastiche su cui oggi si è pronunciata la Corte europea dei diritti dell’uomo.

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La donna, di origini finlandesi, ma in Italia da oltre venti e sposata con un professionista padovano, aveva chiesto ai giudici amministrativi regionali che fosse tolto il crocifisso dalle aule della scuola media "Vittorino da Feltre", ad Abano Terme (Padova), all’epoca frequentato dai figli. «Io sono – aveva spiegato all’epoca – assolutamente per uno Stato laico, il che significa che sia lo Stato che le sue strutture devono essere laiche».

La donna aveva detto di non essere luterana – religione di Stato in Finlandia – ma che nel suo paese d’origine negli edifici pubblici non ci sono simboli. Il Tar veneto aveva rinviato la questione alla Corte Costituzionale che il 15 dicembre 2004 aveva dichiarato la manifesta inammissibilità del quesito sollevato dai giudici veneti.

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Con il pronunciamento la Corte Costituzionale non era entrata nel merito, cioè se l’esposizione del crocifisso nelle aule scolastiche contrasti o meno con il principio della laicità dello Stato. Il consiglio di Stato, poi, nel febbraio del 2006, aveva respinto il ricorso presentato da Soile Lautsi, indicando, tra l’altro, che il crocifisso non va rimosso perché "ha una funzione simbolica altamente educativa, a prescindere dalla religione professata dagli alunni". È un simbolo "idoneo a professare l’elevato fondamento dei valori civili" che hanno un’origine religiosa e "che sono poi i valori che delineano la laicità nell’attuale ordinamento dello Stato". La donna aveva commentato parlando di "una sentenza filosofica non giuridica".

Il Governo italiano ha già annunciato di voler fare riscorso contro la sentenza.

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