Le elezioni si sono chiuse con l’affermazione netta di Movimento 5 Stelle e Lega: la comunità LGBT si trova senza riferimenti politici?
Forse non è mai esistita questa Italia dei diritti civili, come dimostrerebbero gli esigui traguardi che abbiamo spesso rimproverato alla legislatura che si chiude, o forse è finita dispersa nel voto, a discapito di chi nell’area democratica ne ha raccontato di averne la titolarità in contrapposizione ai barbari omofobi.
Perché il dato, altissimo, del Movimento 5 Stelle, associato alle percentuali del centrodestra portano in una sola direzione, su cui dobbiamo ragionare: i Cinque Stelle hanno probabilmente raccolto voti in uscita dall’area del centrosinistra. E l’hanno fatto dopo cinque anni in cui, per via dell’aspra dialettica con il PD, proprio con quell’elettorato avrebbero dovuto essere come cane e gatto. Se tutto questo è vero, dove è finita l’Italia dei diritti civili?
Nel programma del M5S infatti, lo sappiamo, non sono menzionati. Certo, anche per la comunità LGBT il voto non è perimetrato solo sulle questioni strettamente legate a una maggiore inclusione e tutela delle persone gay, lesbiche, bi e transgender, ma sono o dovrebbero essere una parte fondativa delle forze di riferimento per l’elettorato progressista.
Allora, constatato che inglobare i diritti LGBT in un campo di rivendicazioni di sinistra tout court anche stavolta non ha ottenuto risultati numericamente rilevanti, ci sono due scenari che riguardano chi ha a cuore i diritti civili al di là degli incastri della politica: il primo appunto, quello di una sparizione, del rigetto di un’allucinazione collettiva, quella che ci raccontavamo del Paese che si muove a piccoli passi verso il progresso, così come propagandato in questi cinque anni; e il secondo, quello di una diaspora.
Se nel primo caso ciò a cui possiamo aggrapparci sono la persuasione delle istituzioni europee sui diritti civili, l’attivismo di avvocati LGBT e la lungimiranza della magistratura, governo a Salvini e Meloni permettendo; nel secondo scenario abbiamo qualcosa di più: la presenza di un elettorato – si badi bene elettorato, non eletti – potenzialmente dialogante sui diritti LGBT nel M5S e in numeri ancora più cospicuo che nel 2013. Un gruppo marginalizzato forse, non ancora “rumoroso” certamente, ma chissà che non possa essere mobilitato sui diritti civili.
D’altronde come ricordava Sergio Lo Giudice la legge Cirinnà è stata un’eccezione nella storia di questo Paese, sull’avanzamento dei diritti civili si è sempre proceduto con maggioranze trasversali. Ne ricaveremo qualcosa?
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