GAD PRIDE

Memorabile puntata gay de 'L'infedele' presentato da Gad Lerner: la pornostar Carlo Masi duetta con Rocco Buttiglione mentre Alda D'Eusanio sbotta con un inarrivabile "La gaiezza de che?"

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No, non è uno scherzo. Ieri sera, a L’infedele su La 7, presentato da un super friendly Gad Lerner, ci sono stati momenti di televisione così sublimi da far impallidire il concetto stesso di trash (e dire che in contemporanea veleggiavano su altri canali bestiari di Noè qualificati come L’isola dei famosi e Reality Circus). La premessa era quanto mai seria e introdotta con un esplicativo e provocatorio Siamo tutti omosessuali? La centralità assunta nella cultura occidentale dai simboli e dall’erotismo gay.

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Lo spunto iniziale è il romanzo Troppi Paradisi (Einaudi) di Walter Siti, quieto docente universitario di letteratura italiana quasi sessantenne, baffuto e con molle panzetta, curatore dell’opera pasoliniana per la collana ‘I Meridiani’ della Mondadori. Il suo è un romanzo nichilista quasi houllebeckiano dalle aspirazioni etico-filosofiche su un omosessuale fidanzato stabilmente che si innamora di un culturista borgataro e si macera in quest’ossessione erotica al punto da intravedere il divino in questa sua tensione verso un desiderio irrealizzabile.

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Allarme. L’estratto letto in apertura di trasmissione fa subito capire che Siti non va giù leggero: «Sono io l’Occidente perché detesto i bambini e il futuro non mi interessa». Mani avanti: «Ma il mio è un romanzo…». Lecito sospetto: il protagonista del libro si chiama Walter Siti. Inizia la presentazione degli ospiti che lascia intuire uno sviluppo della serata alquanto interessante: lo scrittore modenese introduce il monumentale Carlo Masi, cubo serico di muscoli torniti e lieve prognatismo, leggendaria pornostar della Colt (clicca qui per leggere la nostra intervista) che Siti tiene a precisare essere “ingegnere informatico”. Alla sua destra – ma lo scrittore già un po’ confuso dice «alla mia sinistra» – l’ineffabile Alda D’Eusanio che scopriamo essere legata a Siti da una collaborazione come autore televisivo di Al posto tuo ma per Paola Perego. Segue un parterre eterogeneo degno di una tre giorni dell’ILGA: lo scrittore torinese Tommaso Giartosio, lo stilista di Costume National Ennio Capasa (che tiene a precisare: “eterosessuale”), Romano Màdera, autore de Il nudo piacere di vivere (!), il direttore di Rolling Stone Carlo Antonelli, il direttore di Tempi Luigi Amicone, la simpatica deejay La Pina e Diego, il presentatore di Gay.tv nonché la teologa italo-musulmana Patrizia Dal Monte con tanto di velo. Gad Lerner sembra già temere i possibili sviluppi nefasti di una miscellanea così improbabile di ospiti e da ligia Cassandra postmoderna profetizza: «Per chi fosse meno masochista di noi su un altro canale c’è ‘L’isola dei famosi’».
Siti tenta con compostezza di mantenere alto il livello della trasmissione spiegando che «da vent’anni, nel mondo gay, non c’è più il senso dell’esclusione che faceva ‘corpo’, i rapporti con le donne sono più facili, è cambiato il senso del maschile: molti facevano sesso gay ma si definivano etero mentre ora si dicono bisessuali. L’immaginario era diverso: il ’68, la liberazione sessuale, il modello americano dei corpi palestrati. I ‘troppi paradisi’ sono ora quelli della droga, del consumismo, della televisione». Condivisibile.
Parte un video un po’ sospetto, curato da Giovanni Robertini, che infarcisce di luoghi comuni l’immagine filogay propinata dalla pubblicità e dai media in generale arrivando a sostenere «il sudiciume della romanità»…
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Parte un video un po’ sospetto, curato da Giovanni Robertini, che infarcisce di luoghi comuni l’immagine filogay propinata dalla pubblicità e dai media in generale arrivando a sostenere «il sudiciume della romanità». Provocazione finale: «Che senso ha scimmiottare la famiglia?». Viene inquadrato il celebre spot della Ra-Re coi due papà e il bimbo nudo. Un clima inaspettatamente cimiteriale si impossessa dello studio: partono giudizi forti sui «gay che non desiderano una persona ma un’immagine», Lerner infiocchetta il tutto declamando «solipsismo, decadenza, malattia» e dà ‘simpaticamente’ dell'”erotomane” a Siti ricordando che «il suo fidanzato è ben introdotto in Rai».

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Raccapriccio. Ma l’anima camp dei due insostituibili jolly della trasmissione è lì, pronto ad emergere in tutta la sua inafferrabile profondità. La divina Alda D’Eusanio si guarda intorno smarrita e declama: «Ma la gaiezza de che? Il mondo gay non è così! Ma guardate questo ragazzo che si è ridotto in queste condizioni…» e indica Carlo Masi tra lo stupore generale. «Mica ve piace uno così?». Sbigottimento. Parte il delirio. Gli ospiti si sentono inconsapevolmente giustificati a mettere a nudo la ferocia delle proprie tesi: il ciellino Amicone (!) non si trattiene e spara un inatteso «Ma che c…o c’entra Dio!»; Màdera si rende conto di aver circa 10 secondi per esprimere un giudizio e cita un Guy Debord buttato lì inopinatamente; La Pina e Diego, attoniti, riassumono con semplicità e coerenza come stanno le cose: «la società è molto più avanti e rilassata rispetto a queste tematiche, è tutto più sfumato». Ma l’asso nella manica di Gad è pronto per essere calato: ecco apparire in collegamento video un pacioso Rocco Buttiglione, più divertito del solito, che fa un azzardato «tentativo di decostruzione del libro. È un romanzo su Dio. Il consumismo come protesta contro l’assenza di Dio. Come in ‘Pretty Woman’ (!) per parlare di amore vero bisogna partire dalla prostituzione». Ma l’omofobia è in agguato anche perché il ritmo latita e bisogna svegliare gli spettatori.

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Stilettato dagli omosessuali in studio, il clericale Rocco si scatena in un profluvio antigay degno di un militante di Forza Nuova: «L’amore omosessuale, banalizzando il corpo, banalizza l’uomo. Qual è la cosa più importante nella vita di un uomo? La donna». Ma il duetto più genialmente imprevedibile dà una svolta quasi grottesca alla serata: Carlo Masi, con un candore cristallino, esalta «il sesso che è bello e non è noioso» mentre Buttiglione gli dice che «è un bel ragazzotto» tra l’imbarazzato e il compiacente declamando un enigmatico: «Per passare dal sesso compulsivo all’amore il passaggio obbligato è la castità».
Parte un funereo video sul Gay Pride del 2000 in cui si condanna il travestitismo e si esalta il ‘gaio nichilismo’ di Augusto Del Noce. A questo punto lo stoccata finale è di un’agguerrita D’Eusanio che riesce abilmente ad intrappolare Buttiglione: «Ah Rocco, nun me dì che non hai mai fatto sesso senza amore?». Silenzio imbarazzante. Poi Alda si scaglia sulla teologa musulmana: «Tu sei Buttiglione col velo! Lì si sgozza in nome di Allah!». Lerner chiude imbarazzato e autoindulgente: «Per fortuna siamo scaduti solo nel finale…». Titoli di coda. Disagio.
Sembrava una tribuna politica anni ’80, impolverata e noiosa. Molto meglio la gaiezza sfacciata delle impertinenti Markette chiambrettiane (l’ottimo Chiambretti è il conduttore etero più filogay e meno complessato in circolazione) con un irrefrenabile Costantino Della Gherardesca che balla come una pazza mentre imperversa ‘Per diventare gay’ di Mines e un irriconoscibile Marco Columbro en travesti nei panni inusuali di una strepitosa Tootsie, quella sì davvero anni ’80. E in un divertente video spot si reclutano addirittura ragazzi gay con richiesta di curriculum ‘perché non bastano mai’. È vero: mai si era vista così tanta omosessualità nella tv italiana.
Nella mia rubrica Gaywatch, nata sei anni fa su Gay.it, all’inizio faticavo a segnalare tutti i giorni almeno un programma di interesse queer: venerdì scorso, il 13 ottobre, ho occupato l’intero spazio disponibile di 10 titoli al dì dovendo perfino fare una selezione. Sicuramente ha ragione Aldo Grasso sul Corriere quando parla di una ‘gayizzazione’ della tv ma il rischio è grosso: come teme Laura Maragnani su ‘Panorama’, in un bell’articolo dall’eloquente titolo ‘Il mondo gay è morto’, questa sovraesposizione del modello queer porta con sé una progressiva omologazione degli omosessuali con una vittima certa, la trasgressione, e, aggiungo io, una possibile: la cultura gay.
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