Il movimento LGBT in India sarebbe vicino a un’importante vittoria per i diritti delle persone omosessuali.
La Suprema Corte dell’India ha infatti accettato di discutere un ricorso che mette in discussione la famigerata sezione 377 del codice penale indiano, che bandisce i rapporti omosessuali e li punisce con la detenzione fino a dieci anni. Sono poche centinaia i casi all’anno che vengono puniti sulla base di questa legge, che per lo più si indirizza alla repressione della pedofilia.
L’apertura della Suprema Corte arriva dopo la decisione dello scorso agosto con cui aveva riconosciuto il diritto fondamentale della comunità LGBT ad esprimere liberamente la propria sessualità. Secondo il ricorso presentato, la sezione 377 viola il diritto alla privacy delle persone ed è contraria alla tutela costituzionale delle libertà individuali.
La norma contestata è frutto di un retaggio coloniale, derivava infatti da una disposizione presente nel codice penale britannico. Tuttavia ancora oggi la società indiana è fortemente conservatrice e ostile ai diritti LGBT: in un recente sondaggio elaborato dal Centre for Study of Developing Societes, il 61% degli Indiani considera l’omosessualità sbagliata. Anche il governo del nazionalista Nahrendra Modi è particolarmente attivo sul fronte della retorica machista.
Non sarebbe la prima volta in India che l’omosessualità viene decriminalizzata: la sezione 377 era già stata abolita nel 2009 dall’Alta Corte di Nuova Delhi, prima che venisse reintrodotto proprio dalla Suprema Corte quattro anni dopo.
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