Dopo più di due anni dalla prima approvazione al Rajya Sabha (la camera alta del Parlamento Indiano), alcuni giorni fa è stato approvato anche dal Consiglio dei Ministri indiano un provvedimento denominato “HIV and AIDS Prevention and Control Bill“, che rende la discriminazione nei confronti di una persona sieropositiva punibile penalmente. Il prossimo step è il secondo passaggio in Parlamento, previsto per questo inverno: dovrebbe filare liscio con l’approvazione da tutte le parti partitiche.
In India, su una popolazione di circa 1,2 miliardi, vivono circa 2 milioni e 100mila persone sieropositive: il 40% di queste sono donne; gli stati di Andhra Pradesh, Maharashtra, Karnataka e Tamil Nadu contano per circa il 55% dei casi. I casi di discriminazione sono all’ordine del giorno: sul luogo di lavoro, sull’assistenza medica, sul piano sociale e su quello affettivo (infatti molte famiglie, venuta a conoscenza della sieropositività dei propri figli, li abbandonano anche se minorenni).
Il provvedimento prevede, tra le varie cose, che l’ART (Anti Retroviral Treatment) venga reso disponibile a tutte le persone sieropositive che lo necessitano “nel limite del possibile“: ciò nasconde un risvolto della medaglia, e cioè non rende obbligatorio per il sistema sanitario che il trattamento venga esteso a tutte le persone sieropositive indistintamente. Di fatto, un paziente al quale per qualche motivo viene negato il trattamento non può denunciare il governo. È un passaggio ancora discriminatorio (che probabilmente verrà discusso, stando alle previsioni), ma va comunque considerato che in generale l’iniziativa è un enorme passo avanti per la società indiana. Verrà poi introdotta una “clausola di tutela”, che rende “qualsiasi persona di età compresa tra i 12 e i 18 anni responsabile del destino di un fratello minore che scopre di essere sieropositivo“: è una norma ancora rudimentale, ma quantomeno impedisce che minori sieropositivi vengano abbandonati al loro destino.
Verranno introdotte inoltre tutele legali per le persone sieropositive: il provvedimento impone alle autorità di fornire “un ambiente di lavoro sicuro per gli operatori sanitari” e impedisce che un individuo sia obbligato a rivelare il proprio status senza il proprio consenso.
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