Ho un serio problema al lavoro; premesso, io non sono dichiarato.
Purtroppo lavoro in un settore maschilista, sono una guardia giurata e da un po’ di tempo mi hanno riferito che l’argomento durante i pranzi o i vari incontri dei miei colleghi ahimè sono io e con un certo disprezzo mi puntano il dito dicendo che: sono una femminuccia, un frocio di merda, una checca, una donna mancata ecc. ecc.
Potete aiutarmi? Non so che fare perché la cosa mi fa star molto male. Cosa posso fare e come mi devo muovere in questo caso? Posso perdere il posto di lavoro?
Io sono single proprio per questo motivo, per non far sapere a nessuno le mie tendenze sessuali ma mi ritrovo tutte queste accuse infamanti e queste offese gratuite. Ho dei testimoni.
Non ho ancora accettato la mia “diversità” e di sicuro questo non mi aiuta. Vi prego datemi una mano sto impazzendo
Grazie e saluti Piero
Caro Piero,
permettimi innanzituto di esprimerti la mia solidarietà, visto l’atteggiamento incivile e così fortemente discriminatorio dei tuoi colleghi.
Venendo alla questione legale in senso stretto, ritengo che le frasi volgari e sconvenienti che i tuoi colleghi ti indirizzano (“frocio di merda”, “checca” ecc.) integrino senza dubbio il reato di ingiurie. Reato non grave, che certo non li porta in galera, ma pur sempre reato, visto che la collettività ha interesse a tutelare la personalità morale e sociale dell’individuo e a garantire il rispetto di ogni persona.
Se dunque non vuoi che il comportamento dei tuoi colleghi si trasformi poco a poco in una prassi consolidata, ti consiglio di sporgere querela contro di loro, ricordandoti di indicare almeno un paio di testimoni che hanno assistito ai fatti che tu riferisci (il che non dovrebbe essere un problema, visto che dici che gli episodi sono accaduti di fronte a terze persone). Ricordati che la querela va presentata entro 90 giorni dai fatti. Poi, a procedimento avviato, potrai costituirti parte civile e chiedere anche il risarcimento dei danni morali.
A questo punto potrebbero profilarsi due alternative. Può darsi che i tuoi “cari” colleghi, per non incorrere in un procedimento penale, vengano a chiederti o addirittura a supplicarti di ritirare la querela: in tal caso, lo potrai anche fare, ma solo se si impegnano a non tenere più in futuro comportamenti offensivi. Se non arriveranno richieste di ritirare la querela, allora dovrai andare fino in fondo, dimostrare la loro colpevolezza e ottenere la loro condanna.
Ritengo invece del tutto improbabile una tua destituzione dal servizio a seguito di una simile vicenda processuale, tenuto conto del fatto che il tuo orientamento sessuale non incide affatto sulla tua capacità e resa professionale. Se invece per licenziarti dovessero accampare una scusa tipo “scarso rendimento” o “esubero” in azienda, allora toccherebbe a te impugnare il licenziamento e farti reintegrare nel posto di lavoro.
Ma non correre troppo con la fantasia e non fasciarti, come si dice, la testa prima ancora di esseretela rotta! Affronta i problemi uno alla volta. Tieni presente che se continui a far finta di niente, non solo ci stai male, ma rischi solo di peggiorare la situazione.
Per finire, due considerazioni:
1) pettegolezzi, sfottò e vere e proprie ingiurie di solito prendono di mira chi si mantiene “velato”; quelli che, pur senza esibirla, non hanno difficoltà a dichiarare la propria omosessualità, in genere vengono lasciati in pace perché non c’è gusto a metterli alla berlina;
2) una tua eventuale denuncia e querela non sarebbe certo volta a negare il tuo orientamento sessuale (che non è affatto “ingiurioso”), ma solo a rispondere per le rime a chi per questo orientamento ti ingiuria.
Buona fortuna!
Ezio Menzione
avvocato
di Ezio Menzione
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