Sanremo, Italia: il superpippo presentatore nazionale ci illumina sulla sconvenienza di avere un transessuale in televisione (anche se dopo la mezzanotte), perpetuando ad oltranza la cattomorale più bigotta e razzistella.
Sydney, Australia: 250.000 spettatori hanno assistito alla parata che celebrava il 25° anniversario del Sydney Gay & Lesbians Mardi Gras e che ha percorso come al solito in un colorato, vociante, allegro e musicale corteo le vie centrali della città australiana. Massiccia la presenza dei media, giornali, radio e televisione. E nessuno ha chiesto alle trans di non farsi vedere. Possiamo addirittura testimoniare che nessuno degli eterosessuali presenti – tra cui molti turisti e famiglie al completo – e’ stato colpito dal pericoloso e immorale morbo gay, trasformandosi di lì a poco in un vizioso peccatore. C’e’ stata invece tanta allegria e voglia di stare insieme, rispettandosi nelle reciproche diversità. Entusiasta il co-presidente Stevie Clayton: «Era una meravigliosa serata a Sydney e sono venuti in migliaia a vedere quella che e’ ancora la più grande ed attraente parata gay e lesbica al mondo».
Clayton e’ soddisfatto dei risultati ottenuti dalla nuova organizzazione che ha dovuto far quadrare i conti; le mastodontiche edizioni degli ultimi anni avevano portato a dei costi astronomici, sempre più difficili da recuperare (l’edizione dello scorso anno si chiuse con un bilancio in rosso di cinquecentomila dollari australiani).
La parata quest’anno ha visto la partecipazione di 6,000 sfilanti su 140 carri, con rappresentanze come al solito di varie nazioni, tra i contingenti più numerosi Stati Uniti, Gran Bretagna e Thailandia.
Estremamente popolari ancora una volta le mitiche Dykes on Bykes (lesbiche motocicliste) a cui quest’anno hanno fatto da contraltare al maschile i rombanti Road Runners. Non sono mancate nella sfilata le rappresentanza dei Vigili del Fuoco del New South Wales e della Polizia sia Federale (come gli Usa l’Australia e’ una confederazione di Stati) sia del New South Wales. Certo i tempi sono cambiati dal 1978, se lo ricorda bene Lance Gowland, 66enne che in quella prima edizione era alla guida di uno dei carri: «I poliziotti prima tentarono di staccare l’impianto audio, così che non ci potesse essere nessuna musica, e poi cercarono anche di arrestarmi». 25 anni dopo rappresentanti delle forze dell’ordine sono una costante presenza della parata. Tra le rivendicazioni politiche per cui si battono i gay australiani in questo momento c’e’ l’abbassamento dell’età del consenso per i rapporti sessuali da 18 a 16 anni (in Italia e’ 14) e a portare il proprio supporto a questa richiesta e’ venuto il politico Giz Watson, dei Verdi.
Sul piano più internazionale un numero infinito di cartelli “no war” ed un carro (armato) specifico con tanto di Madame Saddam e le sue svergognate Armi di Seduzione di Massa. Era scortato da una dozzina di marciatori con le sembianze del Primo Ministro Australiano John Howard (fedele alleato di Bush) che esibivano i loro ben eretti e patriottici “missili” anti-Saddam. Il mondo del cinema era preso di mira sotto forma dell’enorme naso finto esibito da Nicole Kidman nel nuovo film “The Hours”, uscito recentemente anche in Italia. Versioni satiriche anche del giocatore di rugby Ian Roberts, favorevole alla clonazione promossa dai Raeliani, e dell’Arcivescovo Cattolico Gorge Pell, vestito di un saio arcobaleno.
Il tradizionale dance party tenuto nei giganteschi studi cinematografici della 20th Century Fox (dove si sono girati le trilogie di “Guerre Stellari” e “Matrix”) ha visto il tutto esaurito: i 17.000 biglietti in vendita si sono esauriti ben presto e l’evento si e’ protratto sino alla Domenica mattina. In definitiva, per dirla con le parole di Michael Woodhouse, un altro degli organizzatori, la manifestazione «ha dimostrato ancora una volta di essere un evento di rilievo che continua ad essere importante non solo per la comunità di gay, lesbiche, bisessuali e transessuali ma anche per tutto il resto di Sydney e della nazione e del mondo». Insomma, come Sanremo, no?
Tra gli sponsor che davano il loro supporto all’evento c’erano ditte di primo piano come Volvo (auto), Telstra (telefonia), Qantas (compagnia aerea), Fox Studios (Cinema), Sydney Star Observer (rivista), DNA (rivista). Idea per gli organizzatori del Gay Pride italiano: perché non contattare gli equivalenti nostrani e proporre loro di essere sponsor dell’evento di Bari? Sarebbe interessante vedere come reagiscono rispetto ai loro corrispondenti degli antipodi.
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