Accompagnata alle Olimpiadi di Tokyo da insulti transfobici e ignobili accuse, Laurel Hubbard è tornata a casa con un’eliminazione immediata nel sollevamento pesi donne della categoria +87kg e un primato che nessuno potrà mai levarle. È stata la prima donna transgender ad essere ammessa ad una gara olimpica. Ora, finiti i suoi Giochi, la 43enne neozelandese ha annunciato il suo ritiro dall’attivita’ agonistica.
L’eta’ mi ha preso, e a voler essere onesti forse avrei dovuto mollare prima. Il fatto che sia stata nello sport attivo fino a oggi è dovuto probabilmente, se non altro, a tutti gli anti-infiammatori che ho dovuto prendere. Ma adesso è tempo di appendere le scarpe al chiodo e di cominciare a pensare a cosa farò nella vita. Grazie al Cio per aver mostrato leadership morale, adottando politiche inclusive che mi hanno permesso di partecipare ai Giochi. Non sono sicura che la mia aspirazione fosse quella di essere un modello per gli altri, ma spero di aver incoraggiato altre persone a seguire la mia strada.
Nei giorni scorsi la BBC è ufficialmente intervenuta per porre fine alla transfobia social nei confronti di Laurel, annunciando di aver bloccato e denunciato alle autorità competenti i messaggi più odiosi nei confronti dell’atleta.
La sua transizione è iniziata 8 anni fa. Prima del 2015 le atlete transgender non erano contemplate per i Giochi olimpici. Poi il Cio ha aggiornato il proprio regolamento, dando anche alle persone che hanno cambiato sesso la possibilità di poter competere per una medaglia. Per poter gareggiare le donne transgender devono attestarsi su livelli di testosterone inferiori a 10 nanomoli per litro, per i 12 mesi precedenti alla competizione. Non a caso Richard Budgett, capo dello staff medico del Cio, ha ribadito: “È una donna e competerà secondo le regole della sua federazione. Noi dobbiamo rendere onore al suo coraggio e alla sua tenacia che l’hanno portata a qualificarsi per i Giochi olimpici”.
Il resto sono chiacchiere.