E’ Maria Teresa Mieli, penna da sempre bene informata sugli umori di Palazzo Chigi da quando Presidente del Consiglio è Matteo Renzi, a firmare l’articolo apparso poco fa sul Corriere della Sera. E ci sono virgolettati molto interessanti.
“Nessuno stralcio della stepchild adoption”, avrebbe detto il premier per far capire anche ai più dubbiosi che non si può continuare a “giocare” sulla “pelle degli altri”, su una legge “da Paese civile”. “È una questione di serietà, quindi si vada in Aula”, spiega per motivare il suo «no» alla richiesta di quanti, cattolici del Partito democratico in testa, chiedono di mandare in Aula il testo Cirinnà senza la parte che riguarda la stepchild adoption. Non è perciò vero che Palazzo Chigi voleva o vuole lo stralcio della stepchild adoption dal ddl Cirinnà o la soluzione dell’affido rinforzato. “Si va in Aula e si vota, non esistono altre opzioni“, avrebbe detto il presidente del Consiglio. Ed ancora: “Sinceramente non so come finirà in Aula, con il voto segreto, e non so come alla fine voteranno non solo i nostri, ma anche quelli di Forza Italia, o i grillini che, pubblicamente, dicono di essere d’accordo. Però una legge va fatta senza meno, non possiamo continuare così”.
“Del resto — dice il premier ai fedelissimi — ci sono divisioni traversali su questo tema in tutti i gruppi parlamentari. Per questa ragione la libertà di coscienza è giusta. Ognuno voterà come si sente sulla stepchild, ma non si può sopportare oltre questa situazione vergognosa, che ci vede isolati rispetto alle altre democrazie occidentali“. Dunque, si va avanti, anche se il Partito democratico non si presenterà unito alla conta sulla stepchild adoption. È un rischio che il leader è disposto ad assumersi. Tanto, alla fine, il dissenso all’interno del Pd non sarà esteso come appare oggi.
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