Matteo Renzi: Ecco il mio programma per i diritti gay

Il sindaco di Firenze snocciola gli interventi per la comunità lgbt in caso di discesa in campo nazionale: civil partnership, tutela per i figli di coppie gay, legge contro l'omofobia.

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Fresco del suo appuntamento col Big Bang nel quale ha parlato della politica che vorrebbe, il Sindaco di Firenze Matteo Renzi parla con Gay.it degli interventi per la comunità lgbt nel caso di una sua discesa in campo, ventilata da tutti ma non ancora confermata dall’interessato, per le primarie del Partito Democratico e quindi per la premiership nazionale. Per la prima volta, un esponente democratico snocciola uno ad uno i provvedimenti che intenderebbe prendere nel campo dei diritti gay: dal progetto di civil partnership sul modello inglese, alla tutela per i figli delle coppie di fatto alla legge contro l’omofobia con la legge Concia come punto da cui ripartire. E poi: l’alleanza con Casini e il rapporto con la religione cattolica.

Nel punto 89 del wiki-programma dedicato alle unioni civili non si citano le coppie gay. Omissione voluta o le coppie lgbt non sono destinatarie di quella parte di programma?

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Non scherziamo. È evidente che le unioni civili nascono per dare risposte innanzitutto alle coppie dello stesso sesso. Personalmente penso che la politica non possa continuare a prendere in giro le persone. Da anni si discute di un provvedimento di legge sulle unioni civili. Eppure alle parole non seguono i fatti. Forse perché c’è chi trova comodo brandire certi argomenti in campagna elettorale per lucrare qualche voto, in un senso o nell’altro. Questo modo di fare mi risulta insopportabile: abbi il coraggio di dire come la pensi, non strumentalizzare temi che coinvolgono in profondità i sentimenti delle persone.

Nel merito, noi siamo tra quelli che propongono di portare in Italia il modello della “Civil Partnership”: l’hanno fatta i laburisti di Tony Blair nel Regno Unito, possiamo farla noi in Italia anche se con quindici anni di ritardo.

Quali diritti sarebbero acquisiti dalle coppie lgtb in quanto tali?

Diritti e doveri come per tutti i cittadini: di cittadinanza, di assistenza, di successione e equiparazione a livello fiscale e pensionistico. Lo Stato, di fronte a un impegno che due persone, anche dello stesso sesso, prendono, non può tirarsi indietro e far finta di nulla. Certamente occorre trovare il modo di distinguere tra il legame vero e profondo, basato sull’amore e sull’affetto tra due persone, anche dello stesso sesso, e quello finto, che nasce per convenienza o per raggiro, magari tra coppie eterosessuali con grandissima differenza di età. I romani sostenevano che ‘ubi societas, ibi ius’. Oggi potremmo dire che ‘ubi amor, ibi societas’.

Crede che in qualche modo vadano tutelati i figli delle coppie omosessuali?

Un punto è chiaro, indiscutibile: i bambini sono tutti uguali. E certo vanno tutelati. Mettere in discussione questo principio significa mettere in discussione la civilità di una comunità. le famiglie Arcobaleno – ade sempio – sono una realtà presente ormai in tutte le città. Tutto il resto è molto complesso ed interpella in profondità i cambiamenti della società. Sull’adozione invece non sono d’accordo. Iniziamo piuttosto dal semplificare le regole del gioco: ancora adesso una famiglia eterosessuale che vuole adottare un figlio deve sottoporsi ad un iter butocratico controverso ed assurdo.

Una legge simile la si potrebbe realizzare soltanto con un’alleanza che non comprenda Casini…

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Non credo che il problema sia Casini. Né sono interessato al grande risiko delle alleanze, che spesso è solo un trappolone mediatico per non parlare delle questioni serie, quelle reali. Il centrosinistra ha scelto le primarie come modello di selezione di una classe dirigente e del suo programma: chi le vincerà avrà l’onere – e l’onore – di costruire un progetto per il Paese degno di questo nome. In questo progetto noi metteremo tante piccole e grandi proposte. E ci sarà già in modo chiaro la Civil Partnership. L’importante è evitare che il giorno dopo si alzi uno e chieda la convocazione dell’ennesimo tavolo di lavoro, l’ennesima commissione con tutti i pezzi grossi del partito, che discute, rielabora, riflette, analizza, propone, eccetera… Questo è il classico ambito in cui dobbiamo smettere di fare i tavoli e iniziare a fare le leggi. Non possiamo continuare a fare campagna elettorale sulla pelle della gente.

Altra parte che sembra mancare nel wiki-programma è la previsione di un provvedimento di legge che punisca gli atti omofobi. Qual è la sua posizione? Estensione della legge Mancino sui reati d’odio o aggravante generica?

Non ne abbiamo parlato, ma credo che come in tutti i Paesi civili servano tutele contro tutte le discriminazioni, non solo quelle sessuali. Si tratta del minimo garantito e del resto la proposta Concia andava in questa direzione. Dobbiamo stare ovviamente attenti a non creare meccanismi che criminalizzino la libertà di pensiero, e dobbiamo soprattutto far passare il messaggio che la vera sfida contro l’intolleranza è una sfida educativa, prima ancora che normativa. Penso infatti che la vera partita si giochi non sul diritto penale, ma sul terreno della cultura e dell’educazione. Sarà un caso che la prima campagna contro l’omofobia su giornali e tv l’ha fatta un governo di centrodestra – che pure ha avuto tantissimi limiti su questi temi – o forse questo è anche la conseguenza di una certa propensione della sinistra a fare battaglie spesso solo di principio?

Come concilia la sua fede cattolica con i grandi temi laici?

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Sono un uomo cattolico che cerca di essere praticante e osservante. Noto fermento, più di quanto si immagini, nella Chiesa Cattolica. Cito un esempio tra tanti: qualche settimana fa il cardinale di Vienna Christoph Schonborn, di fronte allo ‘scandalo’ di un giovane eletto a gran maggioranza nel consiglio pastorale della sua parrocchia e poi ‘scomunicato’ dal parroco perché gay, non lo aveva additato come ‘peccatore’ ma anzi lo aveva voluto conoscere, aveva parlato con lui, si era convinto della fermezza della sua fede e ne aveva confermato l’elezione. Questo mi ha fatto molto riflettere anche per la grande stima che ho in Schonborn. Quando faccio politica, comunque, vivo la sfida della mia laicità. Non accetterò mai che qualcuno ponga pregiudizi su di me per la mia fede. La fede cristiana è elemento costitutivo della mia identità, della mia sensibilità e della mia vocazione. Se qualcuno non vuole votarmi perché cattolico è liberissimo di farlo: certo non mi vergognerò del Vangelo per questo. Ma Cristo per primo ha detto ‘Date a Cesare quel che è di Cesare’. Non le pare una bellissima professione di laicità? Quando vado in chiesa a confessarmi, il mio riferimento è il catechismo. Ma se devo amministrare, guardo alla Costituzione e alle leggi dello Stato.

di Alessio De Giorgi e Giuliano Gasparotti

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