Paola Guazzo: “Il tempo dimostrerà il suicidio politico delle idee di questa Arcilesbica”

Perché è successo quello che è successo al congresso di Arcilesbica e quale futuro ha davanti la componente L del movimento.

Arcilesbica
Paola Guazzo
2 min. di lettura

Il congresso di Arcilesbica lascia diverse domande aperte: le abbiamo chieste a Paola Guazzo, studiosa del movimento lesbico.

“La politica è relazione e purtroppo si è creata questa connection milanese tra Marina Terragni e Daniela Danna, con la loro dura campagna su quello che loro chiamano utero in affitto e una segreteria di Arcilesbica poco rappresentativa e molto autoreferenziale”. Così lo spiega Paola Guazzo, non solo saggista ma anche storica militante del movimento lesbico. A vincere il congresso di Arcilesbica sono state le posizioni Terf, quelle delle femministe radicali transescludenti.

Arcilesbica si è messa fuori dal movimento LGBT come si scrive sui social e su gran parte dei siti d’opinione gaylesbici? O sono posizioni comunque legittime come rivendica la segreteria dell’associazione?

“Beh questa deriva è intollerabile. Se siano fuori o meno lo lascio a chi parla politichese… Mi sembra che Arcilesbica faccia dei giochini per dire “io non voglio rompere, sono gli altri i cattivi che mi mettono fuori”. Hanno comunque degli alleati all’interno del mondo LGBT, basti pensare al gruppo di Aurelio Mancuso”.

Pensi che si costituirà una scissione nel fronte lesbofemminista italiano?

“Non lo so se ci sarà sul piano formale, ma credo di sì… In realtà è già nata un’alternativa, sicuramente sul piano relazionale e politico”.

Al di là dei meccanismi congressuali, com’è stato possibile che una posizione così intransigente trovasse tanto spazio all’interno del mondo lesbico?

“Credo che la discussione sui diritti civili abbia portato un po’ di spaesamento. C’è stata una crisi di identità che è stata risolta in termini macroscopici. Monique Wittig diceva “Le lesbiche non sono donne, ma creature che escono dall’ordine eterosessualista”. Invece qui la donna ha ripreso centralità attraverso l’identificazione con l’utero”.

Una identificazione che inevitabilmente esclude le donne transgender e pone una rottura con il Mit, il movimento identità transessuale

“Questa è davvero una grossa regressione sul tema rispetto allo statuto dell’associazione. Arcilesbica è stata una delle prime ad aprirsi alle persone trans FtoM. Ricordo ancora la visita in Italia di Leslie Feinberg, storica attivist* american*, avvenuta qualche anno fa”.

Non è paradossale che un’associazione lesbica e femminista finisca col rimettere al centro della discussione identitaria proprio l’utero?

“Intendiamoci la maternità è una tematica importante, ma non è essenziale. Il problema è l’arroccamento: c’è stato un dibattito monotematico in questi ultimi mesi”.

Può darsi che questo processo nasca in risposta a un oscuramento avvertito dalla componente lesbica nel dibattito pubblico, sulla gpa ma non solo…

“Sì, può essere che si siano sentite schiacciate dalla componente gay e abbiano cercato di far brillare il movimento… direi con una visibilità perversa”.

Scissione o meno, secondo te da cosa dovrebbe ripartire il movimento lesbico in alternativa alle tesi delle Terf, femministe radicali transescludenti?

“Noi siamo soggetti situati, abbiamo delle problematiche reali. Vorrei che si partisse da lì… la maternità certo, ma anche il lavoro, la cultura – non abbiamo più una casa editrice di riferimento da anni ad esempio – le donne lesbiche nello sport, le migranti. C’è bisogno di risposte forti sul presente”.

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