L’Italia sta attraversando giorni difficili. Le dinamiche sociali e la vita affettiva e sessuale delle persone LGBT+ ne sono state influenzate, così come l’attività delle associazioni sul territorio. In un momento come questo, la condivisione è più importante che mai. Per questo motivo, All Out – un movimento globale per i diritti LGBT+ – ha chiesto alle persone LGBT+ in Italia di raccontare come le loro vite sono cambiate a causa del coronavirus.
Sono arrivate loro tante storie di speranza e solidarietà, ma anche di paure e solitudini affrontate con creatività. “Questa prigionia ha cambiato sicuramente la mia vita. Ho un compagno, marito, e mi considero fortunato perché, in due, la giornata in casa passa più serenamente“, scrive Sandro, da Roma. “La cosa che mi manca è sicuramente uscire, vedere gli amici, una birra…cose veramente banali. Il lavoro si è bruscamente bloccato ma oggi, 26 marzo, è ricominciato anche se in maniera ridotta. Questo virus mi ha creato un ansia di fondo che mi fa percepire il prossimo come una sorta di nemico, da evitare, e sinceramente sarei voluto rimanere a casa invece di tornare a lavorare, facendo un lavoro a contatto con il pubblico“.
“Io svolgo da circa tre anni, l’attività di operatore socio sanitario, con attestato dallo scorso anno“, confessa Gualtiero. “In questo preciso istante lavoro presso una RSA, residenza per anziani – molto blindata – a causa delle restrizioni previste dal PDCM dello scorso 04 marzo. Casa e lavoro, ma una volta alla settimana mi reco al supermercato per la scorta viveri. Cosa è cambiato? Molto sul piano sociale, professionale e politico sia a livello nazionale che transnazionale, sul piano personale, l’esistenza prosegue con i dilemmi e le difficoltà di ogni giorno, ma anche i lati positivi che l’attività di assistenza offre sul piano del rapporto con le persone, le loro esigenze, il momento ultimo della loro lunga vita (pensate agli ultra-novantenni). Detto questo, come persone facenti parte della galassia LGBT, sappiamo e comprendiamo questo difficile e drammatico momento che vivono le persone che sono contagiate dal coronavirus e quelle che sono state contagiate e che purtroppo sono decedute: mi ricorda molto gli anni Ottanta del Novecento quando la comunità omosessuale venne colpita dall’AIDS“.
Poi c’è Nicole, da Padova, che dopo aver gettato la propria maschera con il coming out, si è ritrovata costretta ad indossarne un’altra, causa Covid-19: “Credevo che il 2020 sarebbe stato l’anno del mio Coming out, mai avrei pensato che sarebbe stato anche quello del Coronavirus. Due cose difficili, da affrontare. D’improvviso cambia tutto. Ti ritrovi spiazzata. Tesa. Incapace di comprendere cosa sia meglio fare, come sia meglio agire, che cosa penseranno gli altri. Vedo gente con la mascherina e penso che di maschere ne ho messe tante, per nascondere il fatto che mi siano sempre piaciuti ragazzi e ragazze. Ora non ne ho più. Ora tutto è venuto alla luce. Era il 14 febbraio 2020. San Valentino. Il giorno che a me ha sempre portato sfiga, quindi la carrellata di urla, pianti, recriminazioni, domande e offese diciamo che forse potevo immaginarla. Cambia tutto, cambi tutto. Cambia la vita, proprio come con il virus. All’inizio sembra un dramma, poi piano piano cominci ad abituarti. Quello che non ti uccide ti rende più forte, e io sono qua, nonostante quel giorno abbia pensato seriamente al suicidio (come posso vivere in una casa dove mi trattano così? Che cazzo ho fatto, io, di male?!). Una settimana intera, c’è voluta, prima che ricominciassimo a parlare. Io la chiamo la mia personale quarantena, perché non ho potuto far altro che barricarmi dentro me stessa e cercare di affrontare il male. Come sempre, come ho sempre fatto. Poi la quarantena è diventata reale, comune, per tutti. Il nemico è lì fuori, ti impedisce di respirare. Come le parole cattive, che ti serrano la gola e ti lasciano senza energie, senza nulla, senza fiato. Anche quelle, però, lasciano il tempo che trovano. Come il virus, che prima o poi passerà. Domenica scorsa intanto è già successo un miracolo. ‘Se ragionassimo tutti come te, il mondo sarebbe un posto migliore mi ha detto mia nonna. Io sono rimasta zitta, ma dentro di me ho pianto. Di gioia, stavolta. Era dal giorno del mio coming out che non la sentivo così vicina. Anche a due metri di distanza“.
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