Dopo aver messo in scena il loro matrimonio sulle note di Achille Lauro, con tanto di bacio goliardico, Pio e Amedeo si confessano ai microfoni del quotidiano Libero. In attesa dell’ultima puntata del loro Felicissima Sera, il nuovo show di successo del venerdì sera di Canale 5, il duo pugliese ha riepilogato la fortunata esperienza televisiva, apprezzata dal pubblico e dalla critica, che si concluderà – ci sembra il caso di dirlo, anche fuori di metafora – con il botto. Un vero frontale contro il cosiddetto “politicamente corretto“, etichetta dietro il quale viene ormai oscurato il buon vecchio buonsenso.
Per il gran finale, infatti, Pio e Amedeo hanno deciso di dedicare uno sketch a tutte quelle parole che lentamente stanno legittimamente uscendo dal vocabolario televisivo perché giudicate offensive e lesive, sotto qualunque forma e in qualsiasi contesto, che sia comico o documentaristico:
Avevamo paura di non essere capiti. Oggi se apri una parentesi deve essere “graffa”, perché se dici “tonda” ti accusano di body shaming. Siamo andati dirtti e ora ci schiantiamo definitivamente. Elencheremo tutte le parole che non si possono più dire in tv, quelle bandite: “neg*o”, “froc*o” (ndr, nell’articolo sono riportate per intero), tutte. Perché la cattiveria non è mai nella lingua, ma nelle intenzioni. Se dici a un tuo amico: “uè neg*o, andiamo a mangiare?” non lo offendi, se gli dici “neg*o” di merda!” sì.
Nel grande calderone di “parole proibite“, anche alcune su cui non si è mai dubitata la necessità d’uso nel dibattito pubblico, semmai il contesto, talvolta controverso:
Diremo anche “Hitler”, “ebrei”… Perché se dici “sei tirchio come un ebreo” ti massacrano, ma se lo dici a un genovese la gente si mette a ridere! Difendiamo anche i genovesi allora!”.
Su richiesta dell’intervistatore, Pio e Amedeo hanno anche espresso la loro opinione sul DDL Zan, la legge contro l’omotransfobia, la misoginia e l’abilismo, finalmente calendarizzata nelle scorse ore in Commissione Giustizia al Senato. I due ne discuteranno anche sul palco di Felicissima Sera, ma in che termini? Riproponendo il vecchio ritornello dell’Etero Pride, al confronto con le storiche marce di protesta:
Ne parliamo in un monologo, ovviamente a modo nostro. Ognuno deve essere libero di esprimersi come crede. Per capirci, dobbiamo arrivare al punto in cui i cortei “omo” non avranno senso, così come oggi non avrebbero senso i cortei dove si urla “viva la fi*a!”. Ci piacerebbe farlo? Lo stiamo organizzando!
Come se la rivendicazione dell’orgoglio non andasse di pari passo con l’abbandono di certe brutte abitudini che hanno anche forma di sostantivi ed aggettivi. Perché la lingua può essere cattiva: c’è un lessico dell’omofobia e del razzismo che causa dolore, sconforto e va a braccetto con una certa mentalità macista e tossica su cui c’è ben poco da scherzare. Oggi.
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siete 2 uomini di merda