Una domenica da turisti agli scavi archeologici di Pompei rovinata dall’omofobia di un dipendente del museo. A denunciarlo una coppia di ragazzi, uno di Milano e l’altro di Roma, rimasti sconvolti e da noi raggiunti telefonicamente. Intenti a riposarsi dal caldo soffocante di fine estate, Gori e il suo fidanzato hanno intercettato il dialogo tra un’apparente guida con cartellino appuntato sul petto e un altro dipendente.
“Preparati perché è in arrivo una nave di ricchi*ni“, ha detto la guida all’altro uomo, in riferimento all’imminente sbarco di una Royal Caribbean a tinte queer, suscitando lo sconcerto della coppia di ragazzi. La guida si è poi rivolta ad una famiglia lì vicino, chiedendo loro se fossero stranieri. “No, siamo di Napoli”, la replica, con Gori e il suo compagno che hanno subito ribattuto: “Anche noi siamo italiani e siamo omosessuali, certi termini andrebbero evitati”.
Da parte sua, la guida non ha chiesto scusa, nè fatto un passo indietro. Anzi, ha provato a giustificare il tutto come puro e semplice “dialetto napoletano“. A dargli manforte la famiglia accanto ai due ragazzi, che ha difeso l’uomo. Peccato che “ricchi*ne” sia un termine inequivocabile in ogni parte d’Italia. Ed ha connotati chiaramente dispregiativi. Non avendo del tutto colto l’omosessualità dei due giovani, la guida ha poi continuato: “Loro sono diversi”, riferendosi proprio alla famigerata crociera gay. Anche il collega a cui si era rivolto, preannunciando lo sbarco della “nave piena di ricchi*ni“, ha taciuto.
Gori e il fidanzato hanno inizialmente discusso con l’uomo, provando a farlo ragionare, per poi andarsene furibondi. Più tardi, una volta sbollita la rabbia, sono tornati sul posto per cercarlo nuovamente, senza però trovarlo.
“Se ci avesse chiesto scusa ci sarebbero girate meno le scatole”, ci ha confessato Gori. “E invece ha voluto rincarare la dose”. “Nonostante gli abbiamo detto per ben due volte che fossimo gay, ha insistito”. “Vorremmo almeno delle scuse. È una questione di principio. So bene che non succederà nulla, ma vorrei una presa di posizione. Anche perché parliamoci chiaro, gli scavi di Pompei sono gestiti dal Ministero della Cultura. Con le mie tasse pago anche gli scavi di Pompei. Non mi va che in un ente statale, in un museo d’Italia, un turista possa subire questo, dopo aver pagato un biglietto d’ingresso”.
Gli scavi di Pompei, vorremmo ricordare alla guida in questione, trasudano omoerotismo, come scoperto nel 2017 con il rinvenimento del calco di un abbraccio tra due uomini, senza dimenticare gli affreschi che rappresentano atti sessuali di ogni tipo gay, etero e anche di gruppo, all’interno delle lupanare, case “del piacere”, e i non pochi peni raffigurati. Nel 2020, invece, fece clamore il ritrovamento di un graffito omofobo del 76 d.C all’interno del Termopolio. Quasi 2000 anni dopo, potremmo aver trovato un parente alla lontana del suo autore.
“Non è accettabile che in un luogo simbolo dell’arte e della cultura italiana nel mondo, il parco archeologico dell’antica città di Pompei, un dipendente possa comportarsi in questo modo incivile e non professionale“, ha commentato Antonello Sannino, segretario Antinoo Arcigay Napoli. “La nostra associazione, Pride Vesuvio Rainbow, nel fornire piena assistenza e solidarietà ai due ragazzi vittime di questo increscioso episodio, si è già attivata per avere un incontro con la Sovrintendenza del parco archeologico di Pompei, al fine di confrontarsi sull’accaduto e soprattutto perché siano adottati provvedimenti e misure affinché quanto successo non debba più ripersi in futuro. L’episodio ci spinge a sollecitare la Regione Campania nel porre a pieno regime la legge regionale contro l’omotransfobia, a partire dalla costituzione dell’Osservatorio regionale contro i crimini d’odio legati all’orientamento sessuale e all’identità di genere, previsto dalla legge e non ancora operativo“.
Il sito di Pompei è patrimonio UNESCO, con oltre 2 milioni di visitatori l’anno.
© Riproduzione Riservata