Renato Zero è pronto a tornare in tour, dopo l’exploit del Circo Massimo della scorsa estate, e nel farlo ha tenuto una conferenza stampa particolarmente polemica.
Il 72enne cantautore romano, agli esordi principe di fluidità ma da oltre 30 anni reinventatosi chierichetto del pop italico, si è definito “non un cantante“, bensì “un interprete dei sentimenti“, per poi attaccare quanto visto all’ultimo Festival di Sanremo com le tanto (gratuitamente) chiacchierate performance di Rosa Chemical.
“Una volta c’erano tantissimi esperti nelle case discografiche, che ti davano i giusti consigli e ti aiutavano a trovare la tua strada artistica da percorrere, con i tempi giusti. Oggi non è colpa di Rosa Chemical o di altri ragazzi, che sono sempre da assolvere… La colpa è invece di chi pensa che fare il cantante sia un mestiere improvvisato e che non ci sia una responsabilità nell’andare in scena davanti al pubblico, teatrale o televisivo”.
Zero ha confessato di non usare molto i social, ma di scoprire sempre più spesso “un numero di sosia impressionante. Ci deve essere la possibilità di uscire da queste abitudini e da questi stratagemmi, tenendo bene a mente che l’originale è necessario e deve essere considerato a sé stante. Mi vendo, Triangolo sono espedienti divertenti perché, alla fine, uno preferisce sorridere con ironia e libertà, ma per il resto penso che sia importante che i ragazzi siano più pronti anziché essere mandati allo sbaraglio. A parte questo, lo sapete: l’originale vince sempre“.
L’originale, chiaramente, è proprio lui, Zero, sempre più dichiaratamente infastidito dai nuovi ‘sosia’ contemporanei.
“Non è colpa di Rosa Chemical ma di chi ritiene che la musica sia solo performance e manda in scena persone che non hanno ancora quella preparazione artistica. Di chi ritiene che la musica sia una velleità“. “Finché ci sarà la mentalità di oggi mi sento di assolvere questi ragazzi perché mi rendo conto che non riuscire a trovare un’identità propria è un fatto grave. La colpa è di chi non sente la responsabilità di mandare in scena delle persone che non hanno una preparazione“.
Parole che stonano, se pronunciate da colui che negli anni ’70 andava maestosamente in Rai con tutine glitterate e boa di struzzo, cantando “Il Triangolo” e “Mi Vendo”, abbattendo steccati da perfetto sconosciuto qual era come un qualsiasi Achille Lauro nel 2019 o un Chemical oggi, diventando icona nazionale.
Negli ultimi anni Zero si è scagliato anche contro il cantante di Rolls Royce, definendolo “un clown” in grado di affermarsi con “poca spesa”, e ora è passato all’attacco di Chemical e di chi manda/accoglie sul palco del Festival simili personaggi, che evidentemente Renato non considera “artisti”. A differenza sua che poco più di 40 anni fa si fece conoscere agli occhi del grande pubblico con medesimo clamore.
Poi è arrivato il 1993, l’Ave Maria presentata al 43esimo Festival di Sanremo e lo Zero libero, irriverente, trasgressivo e straordinariamente ispirato degli anni ’70/’80 è magicamente scomparso. Purtroppo.
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