Arcigay insiste che ciò che è accaduto alla spiaggia Community 27 di Rimini non può essere semplicemente definito vandalismo, ma va chiamato con il suo vero nome: intimidazione omolesbobitransfobica.
Guardando ai fatti, è impossibile trarre una conclusione diversa: il metodo e la precisione con cui i criminali hanno organizzato il violento attacco alla celebre spiaggia rainbow sul litorale riminese lasciano poco spazio all’immaginazione.
Era il maggio del 2020 quando lo staff dei bagni Community 27 dipingeva la lunghissima passerella verso la spiaggia con i colori dell’arcobaleno. Un gesto simbolico fortemente voluto dal gestore, Stefano Mazzotti, per rendere omaggio a un’Onda Pride stroncata dai blocchi dovuti alla pandemia.
Da lì in poi, la spiaggia è presto diventata una delle mete preferite della comunità LGBTQIA+ a Rimini, un luogo sicuro, accogliente e libero da discriminazioni. Grazie all’impegno di Mazzotti, che da allora ha ogni anno rinnovato il proprio sostegno, decorando le infrastrutture con bandiere arcobaleno e ospitando le riunioni organizzative del Summer Pride, previsto quest’anno per il 4 agosto, e gli eventi della Pride Week dal 31 luglio al 3 agosto.
Un impegno che, negli ultimi tempi, si rivela però rischiosissimo. Come spiega Marco Tonti di Arcigay Rimini, l’attacco deve infatti essere visto nel contesto dell‘ondata di omolesbobitransfobia che sta attraversando l’Italia. È facile collegare la vile aggressione ai simboli rainbow di Community 27 a un gesto di sfida e minaccia verso il Summer Pride.
“Un messaggio di odio che noi come Arcigay Rimini e organizzatori del Summer Pride, ma anche come città accogliente che si è dichiarata nel 2022 ‘Città di libertà LGBT’, respingiamo radicalmente al mittente,” commenta Tonti in un lungo e sofferto comunicato stampa inviato stamattina “Un’intimidazione vile che deve far svegliare le coscienze di chi si illude che l’omotransfobia non esista e che faccia comprendere quanto è ancora necessario fare i pride. Nemmeno i nostri simboli possono stare serenamente lasciati in pace, figuratevi quello che succede alle persone.”
Arcigay Rimini ha oggi invitato tutti i bagni della riviera riminese ad esporre bandiere LGBTQIA+ in solidarietà a Community 27, che nei prossimi giorni avrà un bel lavoro da fare per riparare al danno subito. Tuttavia, questo non è altro che l’ennesimo segnale di un problema ormai impossibile da trascurare.
È la seconda volta, quest’estate, che uno o più simboli rainbow vengono deturpati e distrutti. Il primo episodio è avvenuto a Pontassieve, dove la bandiera Progress Pride issata sul palco di un festival teatrale per i giovani è stata strappata e bruciata il giorno dopo l’allestimento.
Gli episodi di omobilesbotransfobia sono ormai all’ordine del giorno. Dall’ex ufficiale militare in divisa da SS che minaccia la comunità LGBTQIA+, alla coppia gay costretta a vendere casa in seguito alle continue azioni vessatorie del vicino di casa, fino al violentissimo pestaggio a danni di due ragazzi gay a Roma. E non è solo la violenza fisica, ma anche quella sistemica che si sta facendo sempre più pervasiva. Un circolo vizioso che parte dai discorsi d’odio nelle nostre aule istituzionali e sanguina sui cittadini, sempre più legittimati a compiere atti di violenza verso le minoranze, siano esse vittime di omolesbobitranfobia, razzismo, abilismo o misoginia.
Ma c’è un aspetto ancora più inquietante dell’attacco alla Community 27: quel “pedofili”, scritto con lo stencil sui muri dei bagni, cela uno strato di malizia ancora più profondo. Il collegamento tra comunità LGBTQIA+ e pedofilia è infatti uno dei principi cardine dei movimenti ultraconservatori statunitensi, importato anche dalle nostre parti dalle varie associazioni integraliste cattoliche come Pro Vita.
Si chiama “groomer theory” la tesi avanzata dall’estrema destra complottista statunitense, che prende di mira principalmente uomini gay, persone trans e drag queen, accusandoli di voler soggiogare le giovani menti per renderle più malleabili e docili a molestie e abusi sessuali.
Sebbene non vi siano riscontri concreti sulla maggior incidenza di molestie e abusi sessuali perpetuati da individui LGBTQIA+ né nella letteratura scientifica, né nelle statistiche pertinenti, il binomio comunità LGBTQIA+ e pedofilia prende piede oggi anche in Italia, favorito da chi continua a ribadire l’esistenza di un’inesistente “ideologia gender” e una “lobby LGBTQIA+”.
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