Salute delle persone trans: anche Arcigay invia una lettera al ministro Speranza

Anche Arcigay ha voluto sollecitare il ministro della Salute, inviando una lettera in cui evidenzia il disagio delle persone trans.

persone trans
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A ottobre, gli attivisti di Omphalospunto di riferimento per la comunità LGBTI di Perugia e dell’Umbria – avevano incontrato il ministro della Saluto Roberto Speranza. In quell’occasione, il ministro aveva ricevuto una lettera in cui si denunciava il disagio e i problemi che riscontrano le persone trans durante il loro percorso di transizione. Omphalos in questo ha informato il ministro della Salute sulle priorità e le istanze delle persone trans*.  Tra i punti più importanti, c’era “l’emergenza ormoni” e la richiesta di una riforma alla legge 164.

A circa un mese di distanza, anche Arcigay ha deciso di sollecitare il ministro sullo stesso tema. Nella lettera, ha fatto notare che la situazione non è cambiata. E le persone trans si trovano in una difficoltà sempre maggiore. Mancano infatti i farmaci predisposti per la loro terapia o dal costo esorbitante.

La lettera di Arcigay sulla salute delle persone trans

La lettera di Arcigay entra subito nel vivo della questione:

Egregio Signor Ministro,

con la presente intendiamo sottoporre alla Sua attenzione alcune gravi problematiche che impediscono alle persone transgender un esercizio del diritto alla salute così come riconosciuto dall’art. 32 della nostra Costituzione.

Già oggetto di apposita interrogazione parlamentare presentata dall’On. Rossella Muroni (interrogazione n. 4/02468 del 12.03.19), una prima questione riguarda il regime di accessibilità alla terapia ormonale. Quest’ultima è di vitale importanza nel tutelare l’ integrità psico-fisica delle persone transgender. Una sua interruzione comporta un’alterazione nell’equilibrio tra testosterone ed estrogeni, con effetti devastanti sull’individuo. Al trauma psicologico di chi viene profondamente leso nel diritto alla propria identità personale fanno così seguito, nei casi di ultimato intervento medico-chirurgico, ulteriori e gravi conseguenze a livello fisiologico.

Mancano i farmaci: un appello inascoltato

Non si parla quindi solo dell’interruzione della terapia per chi sta compiendo il processo di transizione, bensì di problemi sia fisici che psichici causati dall’interruzione improvvisa dell’assunzione dei medicinali necessari sia prima che dopo le operazioni.

Eppure l’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) non ha garantito negli ultimi anni, né tuttora garantisce, un’uniforme distribuzione a livello nazionale dei farmaci indispensabili alla Terapia Ormonale Sostitutiva (TOS) e ciò a tal punto che si è progressivamente sprofondati in una situazione di vera e propria irreperibilità degli stessi (in particolare, dei farmaci a base di testosterone).

Tale inadeguatezza è sfociata, pertanto, in una vera e propria situazione emergenziale: sono migliaia, infatti, le persone transgender che, in ottemperanza alla sterilizzazione dei propri organi riproduttivi quale conditio sine qua non fino all’anno 2015 per la rettifica dei documenti anagrafici, sono state improvvisamente private della consequenziale e necessaria terapia di prima necessità.

Ulteriormente, l’utilizzo off-label dei farmaci di cui si discute, ha diretto AIFA a un loro declassamento in fascia C: il che sembra preannunciare ulteriori ed eventuali esiti, come la possibilità di una loro improvvisa quanto arbitrale dismissione da parte delle case farmaceutiche produttrici.
Una possibilità, questa, che rende aleatorio e di giorno in giorno sempre più incerto l’esercizio di un diritto sancito nella nostra Costituzione di maniera tutt’altro che condizionata.

Prezzo e difficoltà economiche per le persone trans

Altro punto importante, è il prezzo di uno dei pochi farmaci. Che ora è stato spostato in fascia C (ovvero che il prezzo è completamente a carico del consumatore). Qui si parla di

un’inevitabile impossibilità economica per le persone trans di usufruire della terapia per una categoria di persone che, diffusamente stigmatizzata a livello sociale e discriminata nell’accesso al mondo del lavoro, sovente sperimenta condizioni di povertà relativa e, talvolta, assoluta (recentissimo è il declassamento operato per il Progynova a base di estrogeni, ora a totale carico dell’utente con un rincaro del 300 %).

Dopo aver consultato la Sua risposta all’interrogazione dell’On. Sportiello in Commissione Affari Sociali della Camera dei Deputati sull’accesso alle Terapie Ormonali Sostitutive e al farmaco Progynova (5/02969) i nostri endocrinologi di riferimento asseriscono che non esista alcun farmaco in fascia A con B17 estradiolo valerato, che possa essere equivalente al farmaco Progynova in efficacia, e anche in termini di rimborsabilità. 

Centri inesistenti e problemi burocratici

Ma non è finita qui. I centri specializzati che si occupano delle terapie per la transizione si contano sulle dita di una mano. Questo comporta quindi anche un trasferimento temporaneo del paziente, che dovrà fare fronte a questa ulteriore spesa.

Infine, la burocrazia. Le persone trans che hanno ottenuto un nuovo documento d’identità ufficiale e un nuovo codice fiscale, si ritrovano a non essere riconosciute. Un fatto gravissimo, perché è come se quelle persone non esistessero:

Il che implica l’impossibilità per un’individuata categoria di persone di ricevere, ad esempio, i test di screening di prevenzione per alcune patologie tumorali, previste per il resto della popolazione dal Servizio Sanitario Nazionale.

Prima di richiedere un incontro tra associazioni e ministero, Arcigay nella sua lettera torna a parlare di informazione e formazione. Fa notare infatti:

un deficit formativo del personale medico-sanitario in merito alle specifiche condizioni di pazienti dal corpo “non convenzionale”. E, per questa ragione, esposti alle più imprevedibili reazioni (talvolta, si è appurato con rammarico, di grave discriminazione).

Una strada lunga, complessa e costosa quella che prevede la formazione del personale medico-sanitario sul come trattare senza discriminare le persone trans. Ma indispensabile per essere un’Italia civile. O almeno, al passo con gli altri Paesi dell’Eurozona.

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