Si chiama Arziom Cristofaro ed è il nuovo Mister Gay Italia . Su di lui in questi giorni subito dopo l’elezione, si sta dicendo molto. Prima che sul profilo Facebook risultava che gli piacciono le donne (cosa chiarita dallo stesso Arziom ) e poi che no, forse non doveva vincere lui, perché Mister Gay Italia “è un concorso di bellezza” e, a parere di alcuni, su quel palco c’era di meglio. Fermo restando che basta guardare le foto della serata per rendersi conto che il livello di bellezza dei ragazzi era elevato, nessuno escluso, a questo punto vale la pena fare una riflessione e chiarire degli aspetti che evidentemente chiari non sono.
Mister Gay Italia non è un concorso di bellezza. O meglio, non è solo quello. Certo, l’aspetto fisico conta, altrimenti non li vederemmo sfilare in costume, tanto per dirne una. Chi vince il titolo, però, ha anche l’onore (e l’onere) di rivestire un ruolo di rappresentanza della comunità lgbt italiana. E non è una opinabile elucubrazione personale. Sta scritto nel regolamento , basterebbe avere la buona creanza di leggerlo, prima di parlare: “Articolo 2 (Finalità) – Attraverso il concorso nazionale, le selezioni sul territorio e attraverso il web, Mister Gay Italia si prefigge l’obiettivo di promuovere una cultura della diversità in Italia ed una piena, orgogliosa e serena accettazione di tutti gli orientamenti sessuali. Per questo, oltre alla bellezza, i criteri di selezione del vincitore comprenderanno la sua rappresentatività rispetto al mondo omosessuale e un coming out compiuto, che sia di esempio per gli altri, ad insindacabile giudizio della giuria individuata dal comitato organizzatore”. Non a caso, l’edizione di quest’anno prevedeva anche una prova di cultura generale.
Su questi criteri la giuria ha deciso, dopo avere fatto dei colloqui individuali con tutti i finalisti e dopo averli visti durante la prova finale, di eleggere Arziom Cristofaro, ritenuto dai giurati colui che più di altri coniuga in sé l’aspetto fisico e la capacità di essere rappresentante. Senza nulla togliere agli altri nove che hanno comunque conquistato il diritto di essere in finale. Ma è uno il vincitore.
Mister Gay Italia non è Miss Maglietta Bagnata. Al detentore del titolo la comunità lgbt deve potersi rivolgere, oltre che per partecipare a serate ed eventi di semplice intrattenimento, anche perché faccia da testimonial in campagne anti Aids, contro l’omofobia, per il matrimonio gay e le adozioni e magari anche perché salga sul palco di un Pride e parli sapendo che ad ascoltarlo ci sono tutti. E chi mette la faccia su questi temi non può essere solo bello (concetto, in ogni caso, piuttosto relativo). Arziom ha provato sulla propria pelle cosa vuol dire essere un bambino gay orfano in un paese come la Bielorussia dove l’omofobia è una piaga ancora più forte di quanto non lo sia in Italia. E’ stato adottato da una famiglia italiana e dal palco del Mamamia, lo scorso venerdì, ha lanciato un messaggio forte in questo senso.
Abbiamo letto commenti secondo cui avrebbe “vinto il caso umano” (sic!) e altri per cui “ci sono gay in Italia con storie molto più tristi della sua” (ri-sic!). Nessuno nega che ci siano storie più dolorose che meriterebbero di essere conosciute (e questo sito cerca di raccontarle), ma banalmente queste persone non hanno partecipato alle selezioni. Per altro, non c’è un “tristometro” tra gli strumenti utilizzati per le valutazioni dei candidati al titolo, per fortuna, viene da dire. E ancora, si può essere portatori della storia più dolorosa mai sentita, ma non per questo avere le caratteristiche per aspirare ad essere testimonial di un’intera comunità. A parere della giuria di Mister Gay Italia, invece, Arziom è un bel ragazzo che potrebbe avere le carte in regola per farlo.
Ma non è per condividere tutte queste considerazioni che ho deciso di intervenire in questa tristissima (sta volta sì) polemica. Perché, ammettiamolo, qualunque vincitore sarebbe stato soggetto a critiche per un semplice fatto: è ad uno solo che va il titolo.
L’ho deciso quando, aprendo l’app di Facebook questa mattina, mi sono imbattuta nella fan page di Repubblica su cui campeggiava proprio la notizia dell’elezione di Arziom . Il post vanta, al momento, la bellezza di 227 commenti buona parte dei quali fanno accapponare la pelle. Da chi ironizza su come venga data dai candidati la prova di essere gay, a chi auspica l’arrivo di un Putin tricolore, passando per chi scrive che “a breve in Italia sarà fatta miss puttana e lady troia e vincerà colei che avrà fatto più marchette in un anno…”, fino all’immancabile “Uomo donna,donna uomo,il resto va rivisto,e aiutato” e via discorrendo. Il linguaggio, va da sé, è un trionfo di omofobia allo stato puro.
Insomma la sensazione è che mentre si discute dei pettorali e dei bicipiti di Mister Gay, là fuori dall’orticello di casa nostra c’è chi i gay li vorrebbe vedere sparire domani mattina, belli e brutti, magari rinchiusi in un campo circondato dal filo spinato, per evitare pericolose contaminazioni. Per non parlare di certa politica . Altro che diritti, matrimonio, adozioni.
Ed è proprio per questo che cose come Mister Gay non possono limitarsi ad una mera questione estetica: perché c’è tanto, tantissimo da fare perché questa possa definirsi, un giorno, una società civile e avanzata, degna dell’Europa a cui si vanta di appartenere. Una società in cui a nessun genitore venga in mente di vestire con abiti maschili la figlia trans appena deceduta , solo per fare un esempio di cronaca di questi giorni.
E se nonostante questo qualcuno continua a polemizzare ritenendo non sufficiente la prestanza fisica di Arziom Cristofaro o puntando sulle “informazioni” del profilo di Facebook (ma davvero?!), poi non lamentiamoci troppo se in giro c’è ancora chi raffigura i gay come macchiette vuote e stereotipate.
di Caterina Coppola
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