26deDiciembre e WelcomeHome: storie su anziane e anziani LGBTQ

Vivere insieme anche da vecch* si può. Due documentari di Silvia Maggi e Silvia Radicioni

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4 min. di lettura

Questa mattina abbiamo intervistato Silvia Maggi, classe ’82, videomaker e documentarista di Venezia che vive a Berlino da 4 anni. Silvia è una delle autrici di 26 de Diciembre , due recenti progetti, il primo completato e il secondo in corso d’opera, che trattano il tema dell’anzianità delle persone LGBTQueer. Entrambi parlano di case di accoglienza dove vivono in comunità persone anziane LGBTQ rimaste sole per vari motivi: Welcome Home racconta la vita all’interno del Lebensort Vielfalt a Berlino nel 2013; 26 de Diciembre quella nella residenza dell’omonima Fondazione a Madrid nel 2015.

1) Ciao Silvia, ti presenti in 4 righe?
È davvero una cosa difficile per me, credo dipenda dal senso di impermanenza che mi pervade. Ho sempre il senso che quello che sono ora, dal momento che lo dico, non lo sarò più.

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2) Ne hai usate solo due di righe, brava! 26 de Diciembre è il tuo secondo documentario su una comunità di persone anziane LGBTQ. Raccontaci qualcosa.
Si, il secondo documentario riguardante una comunità di anziani LGBTQ a Madrid, dopo il primo girato a Berlino. Con la ricercatrice Silvia Radicioni, stiamo trattando il tema della cura in contesti non etero-normati e queste due realtà ne sono state un grande esempio. La famiglia tradizionale è un concetto lontano anche per il mondo eterosessuale ormai, la mia generazione è da tempo figlia di divorzi, di madri o padri single, di separazioni in casa… Da qui la necessità di creare uno spazio comunitario per prendersi cura l’un* dell’altr*, fuori dalle dinamiche familiari tradizionali, dove sono i/le figli* a prendersi cura de* genitor* anzian* e fuori dal concetto di cura “clinica”, come potrebbe essere un ospizio. In un contesto LGBTQ bisogna pensare che oltre allo stigma della vecchiaia c’è il fattore dell’omo/transessualilità che va ad aggravare la posizione delle persone rimaste sole in quest società. Credo che quello che insegnano entrambi i nostri documentari sia a fare i conti con i nostri privilegi e ridare importanza alla “comunità”, come risposta e medicina alla solitudine di una società capitalista dove se non produci e non hai nessun legame intimo o familiare, non vali più niente.

3) Perché pensi che l’argomento possa essere interessante, oltre che innovativo e importante?
Credo che sia un argomento molto attuale e universale. È la prima generazione LGBTQ dopo Stonewall che diventa anziana, o per lo meno la prima generazione che ha gli strumenti sociali e a volte anche politici per invecchiare apertamente LGBTQ. Inoltre credo che possa porre le generazioni più giovani in una posizione molto vantaggiosa, partendo dal privilegio numero uno: il tempo.
Sei più giovane, hai più tempo, hai il tempo di organizzarti, di creare una tua comunità con gente scelta con la quale vuoi invecchiare, della quale ti vuoi prendere cura e che vuoi che si prenda cura di te.

4) Per quanto riguarda l’Italia, nei tuoi studi sul tema hai scoperto l’esistenza di situazioni di convivenza LGBTQ, magari informali o altro?
Con Silvia Radicioni siamo state in Italia a presentare il documentario Welcome Home decine di volte lo scorso anno. Le associazioni e i collettivi LGBTQ che ci hanno ospitate, hanno bellissime idee a riguardo, molte basate sul recupero di hotel, residenze, chiuse in epoca di crisi etc. ma al momento non ci sono progetti simili a quelli da noi documentati a Berlino o Madrid, cioè strutture istituzionali e riconosciute che ospitino in questo modo persone della terza età, in alcuni casi anche con il sostegno di opertatori/trici estern*. Quello che di sicuro esiste in Italia sono gruppi di mutuo-aiuto, o Senior LGBT Italy .

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5) Cosa consiglieresti alle persone anziane e non solo che ti leggono nel tuo paese natale per trascorrere nel migliore dei modi la loro vecchiaia?
Di non nascondersi mai, di essere fieri e fiere di ogni lotta e ogni cicatrice, di non isolarsi e di vivere la propria vita fino alla vecchiaia nel modo più attivo possibile. La memoria storica che una persona anziana può donare è un regalo prezioso per le generazioni future.

6) Un’ultima domanda: dopo la raccolta fondi per questo secondo e la diffusione che prosegue del primo in Italia, avete già progetti futuri sullo stesso tema? Oppure, se pensate di cambiare focus, cosa vorreste trattare in un vostro prossimo lavoro?
Penso che 26 de Diciembre sia un buon compagno di Welcome Home e che questi due lavori insieme si completino come panoramica sul tema delle comunità per anziani LGBTQ in Europa.
26 de Diciembre è stato un lavoro molto forte. Le persone che abbiamo avuto l’onore di conoscere e documentare mi hanno fatta riflettere molto e penso che abbiano cambiato, in qualche modo, la mia vita. Sicuramente presto ci sarà un nuovo lavoro con altrettanta certezza in collaborazione con Silvia Radicioni. Al momento, intanto, con un gruppo di amici stiamo pensando di creare una piccola comunità Queer-Artistica in Italia e penso che questo progetto mi prenderà un bel po’ di tempo ed energie. Non vedo l’ora d’iniziare!

Se vi è piaciuto l’argomento dei documentari, potete contattare entrambe le Silvia direttamente alla mail welcomehomedocumentary@gmail.com. per organizzare proiezioni di Welcome Home nella vostra città, che sta girando anche senza le autrici. Altrimenti, se volete dar loro una mano per il nuovo 26 de Diciembre, fatelo attraverso il sito, con la curiosità di chi si è fidat* e non vede l’ora di vedere il risultato!

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