Sembra più vicina la legalizzazione dell’omosessualità in Tunisia: sarebbe il secondo paese a maggioranza islamica dopo la Turchia.
Come domandato a gran voce dagli attivisti LGBT, la depenalizzazione dell’omosessualità è stata ufficialmente inserita tra le indicazioni avanzate al Presidente della Tunisia Beji Caid Essebsi per migliorare la condizione delle libertà civili nel paese nordafricano. Un passo che potrebbe essere decisivo.
Il rapporto redatto dalla commissione COLIBE, composta da politici, professori e attivisti per i diritti umani, ha richiesto l’abolizione del famigerato articolo 230 del codice penale, che prevede la carcerazione fino a tre anni per rapporti omosessuali, nonché la barbara pratica dei test anali condotti dalle forze dell’ordine sui sospettati.
Come ha ricordato l’associazione LGBT tunisina Shams, sono state 71 le persone arrestate l’anno scorso in ragione di quel reato. Abolirlo sarebbe anche un segnale nei confronti della società tunisina, dove l’omofobia è ancora molto diffusa. Insieme alla depenalizzazione dell’omosessualità, fanno parte della relazione anche altre misure quali l’abolizione della pena di morte e l’apertura dei ristoranti e bar durante le giornate di Ramadan.
Sorprendentemente anche tra alcune frange più conservatrici della società tunisina c’è consenso verso un cambiamento che sarebbe storico. Dopo l’apertura di Rachid Gannouchi, leader del partito islamista Ennahda, anche il sindacato degli Imam si è espresso a favore della legalizzazione dell’omosessualità. Il segretario generale Fadhel Achour ha dichiarato alla radio Jawhara FM che “Coloro che si considerano difensori del Corano devono capire che il libro santo dell’Islam e la Sharia non hanno bisogno di essere difesi da nessuno”.
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