Fotografia di copertina: Alessio Mamo / The Guardian
Per l’esercito sono ancora uomini, i loro nomi sono nelle liste di arruolamento e quindi non possono abbandonare la nazione nel momento del bisogno, perché l’Ucraina è in guerra, perché l’Ucraina deve difendersi dalla Russia del tiranno Putin, perché l’Ucraina trattiene gli uomini, e impedisce loro di lasciare il paese: la nazione ha bisogno dei maschi, per rispondere alla guerra portata in casa dall’invasore. E se sei donna, non importa. Perché per le liste dell’esercito tu sei un uomo e dunque resti qui, a combattere.
È il drammatico rovescio di una medaglia che non ha più lati da salvare, perché così è la guerra, nessun vincitore: non porta mai nulla di buono e al peggio aggiunge soltanto il peggio. È un comportamento profondamente illiberale in un paese che non è mai stato un luogo facile per le persone LGBTQ+ e che oggi chiede a gran voce di entrare nell’Unione Europea. Avevamo parlato di cos’era, e cos’è ancora, l’Ucraina per le persone LGBTQ+ già prima della sanguinosa aggressione della Russia di Vladimir Putin. Ammesso che abbia senso parlare di spirito liberale, quando c’è di mezzo la legge marziale.
Centinaia di donne transgender in fuga dall’Ucraina, giunte ai confini, si sono viste respinte, rimandate indietro perché, documenti alla mano, non possono lasciare il paese: la legge marziale entrate in vigore dopo l’invasione dei Russi dice che se sei maschio, devi restare all’interno dei confini della Nazione e difenderla.
Lo scioccante reportage è del britannico Guardian. “Le guardie di frontiera ucraine ti spogliano e ti toccano ovunque”, dice Judis. “Puoi vedere sui loro volti che si stanno chiedendo ‘cosa sei?’ come se fossi una specie di animale o qualcosa del genere.” Sul certificato di nascita, Judis è definita femmina. Non c’è motivo per cui non le sia permesso di passare il confine insieme alle donne che ogni giorno lasciano l’Ucraina per mettersi in salvo. Eppure, il 12 marzo, alle 4 del mattino, dopo una lunga e umiliante ricerca, le guardie di frontiera hanno stabilito che fosse un uomo e le hanno impedito il passaggio in Polonia. Due guardie l’hanno fermata e le hanno chiesto di seguirli in una stanza accanto all’ufficio doganale, dove l’hanno esaminata fisicamente. “In seguito, una delle guardie ha detto, ‘sei un ragazzo, quindi vattene da qui’, e mi ha detto che avrei dovuto essere grata che non avessero chiamato la polizia, anche se ho un documento legalmente valido che afferma Sono femmina“.
“‘Vai in guerra’, hanno risposto, aggiungendo che più di 3 milioni di persone erano già fuggite dal Paese e non mi avrebbero fatto uscire”.
Il 24 febbraio, quando la Russia ha invaso l’Ucraina, a tutti gli uomini di età compresa tra i 18 e i 60 anni è stato vietato di lasciare il Paese. Da quel giorno, centinaia di trans ucraine hanno tentato di attraversare il confine e – secondo quanto raccontato al Guardian da operatori umanitari e attivisti, dozzine di loro sono state maltrattate e respinte.
Le persone trans in Ucraina sono legalmente riconosciute soltanto dal 2017, e devono sottoporsi a un ampio monitoraggio psichiatrico e a una lunga trafila burocratica, prima che il genere sia trascritto sui documenti ufficiali. Molte persone non sono dunque riuscite a completare l’iter e oggi si ritrovano iscritte come maschi nelle liste di arruolamento.
Ma la nota sconvolgente, secondo quanto raccontato al Guardian dall’attivista Olena Shevchenko di Insight, una delle poche organizzazioni pubbliche ucraine che lavorano con le persone trans, è questa:
“sembra che le guardie di frontiera ucraine impediscano anche alle persone trans con un certificato valido che riflette il loro nuovo genere di lasciare l’Ucraina, e nessuno sa perché”.
C’è poi il racconto di Alice, 24 anni, donna trans di Brovary, vicino a Kiev. Lei e sua moglie, Helen, 21enne che si identifica come non binaria, sono state fermate alla frontiera mentre cercavano di entrare in Polonia. “Ci hanno chiesto di spogliarci, hanno controllato mani, braccia, il collo per vedere se avevamo il pomo d’Adamo, mi hanno toccato il seno e dopo averci esaminato, ci hanno detto che eravamo uomini e che non potevamo lasciare il Paese”.
L’articolo integrale sul Guardian >
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