L’immagine arriva da un passato recente ed è da presa militare: il corteo dell’orgoglio, coloratissimo e favoloso, circondato da un imponente cordone di polizia. Decine di veicoli delle forze dell’ordine e agenti a cavallo. Siamo in Ucraina, Kiev pre-invasione russa. Anno 2019.
Bisogna fermarsi, sospendere due minuti l’analisi del conflitto Russo-Ucraino e parlare qui di quello che era prima l’Ucraina. Prima dell’aggressione di Putin, delle bombe e delle case distrutte, senza retorica e senza moralismi. Per farlo non serve guardarsi troppo indietro.
Primavera 2019, l’elezione del comico Volodymyr Zelenskyy come il più giovane presidente dell’Ucraina vista con gioia da molti nella comunità Lgbt+ del Paese. Un sentimento di speranza e cambiamento, sull’onda di una campagna elettorale basata su slogan progressisti e liberali, che chiedono l’accelerazione delle riforme pro-europee lanciate durante la presidenza del suo predecessore, Petro Poroshenko.
Non si rintracciano promesse specifiche su questioni arcobaleno, eppure il linguaggio inclusivo incoraggia aspettative, che tuttavia presto incontreranno la disillusione della comunità LGBTQ+.
La figura di Zelensky, giovane e progressista, rappresenta un cambio generazionale rispetto a quell’élite post-sovietica sempre fuori tempo. La capacità di parlare ai giovani elettori ucraini è la chiave del successo. L’uso mirato dei social media lo porta a essere il primo politico ucraino a utilizzare Instagram per comunicare con gli elettori.
Tuttavia, a un anno e mezzo dalla sua presidenza, la posizione di Zelenskyy nei confronti della comunità LGBTQ+ e di altre questioni rimane avvolta da una grande nebbia. Durante la sua prima grande conferenza stampa nell’ottobre 2019, afferma che tutti gli ucraini possono scegliere liberamente la propria lingua, religione e orientamento sessuale. “Lasciate in pace quelle persone [la comunità LGBTQ], per l’amor di Dio”, dice.
Ma è soltanto un momento. Un episodio isolato. Smentito da tutto quello che è venuto dopo.
Nel 2016, il Ministero della Giustizia ucraino aveva creato una Direzione dei diritti umani, che aveva il compito di coordinare una strategia nazionale per lo sviluppo della legislazione sui diritti e l’integrazione europea. Chiusa, con molte polemiche da parte degli attivisti ucraini, nel febbraio 2020.
Nel 2020 viene creato un gruppo parlamentare che punta a respingere le istanze della comunità Lgbtq. Avviato dal deputato di “Servo del Popolo” Svyatoslav Yurash insieme al collega Oleh Voloshyn del partito pro-Cremlino “Piattaforma di Opposizione – Per la Vita”. L’alleanza si oppone a matrimonio egualitario e adozione per le coppie dello stesso sesso.
Nel mese di aprile dello stesso anno, il deputato Voloshyn deposita un disegno di legge che punisce penalmente “la propaganda che distrugge l’istituzione della famiglia”. Respinto, va detto, dal parlamento a settembre. Ma non sarà l’unico tentativo.
Il 22 luglio, i parlamentari Georgii Mazurashu e Olena Lys del partito di Zelenskyy depositano un nuovo progetto di legge che prevede di stabilire la responsabilità amministrativa per “la propaganda omosessuale e transgenderista“. Multe, insomma, per “propaganda omosessuale”. Il testo è una traduzione quasi letterale del suo analogo russo.
Ombre, echi e ritorni di una campagna omotransfobica portata avanti per anni dalla Russia in Ucraina: tra il 2013 al 2014 i messaggi omofobi sul matrimonio tra persone dello stesso sesso e l’uguaglianza erano una strategia precisa del Cremlino per screditare le ambizioni di integrazione europea dell’Ucraina.
Non si può dire che siano stati respinti dalla popolazione. Aggressioni, insulti ed emarginazione sono la struttura di una società che non ha mai accettato la comunità arcobaleno. Basta ricordare, come già raccontato su Gay.it, l’irruzione a un festival del cinema Lgbtq nel maggio 2021 da parte di un gruppo di estremisti armati di spranghe e lacrimogeni e ancora l’attacco all’ufficio di Odessa dell’Associazione LGBT LIGA. Due casi che le forze dell’ordine hanno classificato come “semplici” atti vandalici.
Sempre sulle colonne di Gay.it, Lenny Emson attivista Lgbt+ ha raccontato l’inizio di una lotta dentro il Parlamento contro l’omotransfobia, oggi interrotta dalle bombe russe e dai morti.
In Ucraina non c’è mai stata alcuna tutela per le persone Lgbt+. Secondo un sondaggio dello scorso dicembre realizzato dal think tank Democratic Initiatives, riportato da Reuters, il 47 per cento degli ucraini pensa che i diritti delle minoranze sessuali debbano essere limitati, mentre il 37,5 per cento è contrario a ogni restrizione; il 15,6 per cento non ha un’opinione. Ed è questa l’Ucraina che è stata invasa dalla Russia di Putin che vorrebbe annetterla e forgiarla a sua immagine e somiglianza. Quindi, se possibile, peggiorarla.
Ci sembrava giusto ricordarlo, con senso della misura e del limite, senza offendere e senza ipocrisia. Nella speranza che tutto si risolva per il meglio per il popolo ucraino, limitando al massimo i danni. La comunità Lgbt+ italiana e internazionale sono sempre state dalla parte di chi ha bisogno. Lo farà anche questa volta, sporcandosi le mani come sempre accade quando si tratta di metterle nel sangue e nel fango dei feriti. Che le mani pulite restano una colpa se qualcuno sta morendo qui accanto. Ma dell’Ucraina Lgbt+ parliamone ora, perché se non lo facciamo adesso che l’attenzione su questo paese è massima, arriveremo alle porte di un tempo nuovo e saremo daccapo.
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Concordo pienamente con l'articolista, purtroppo bisogna ammettere che i paesi che hanno avuto una influenza russa in passato hanno conservato ancora oggi un forte sentimento omofobo. Basta pensare a tutti i problemi che abbiamo dentro l'Unione Europea con Polonia e Ungheria per le leggi omofobe che questi paesi non vogliono abolire nonostante le pressioni della Commissione. Ucraina, Moldavia e Georgia hanno chiesto di entrare nell'Unione. Occorre sapere che le popolazioni di questi paesi hanno idee fortemente omofobe. Credo che un ingresso immediato nell'Unione sia sbagliato. Ma non bisogna respingerli, occorre invece accompagnarli verso una evoluzione positiva in generale per la democrazia e in particolare per l'accettazione e il valore delle diversità.