Victor Orban ha conquistato il 4° mandato consecutivo da premier d’Ungheria ma ha fallito il referendum omotransfobico dal suo governo voluto e imposto, e da sbattere in faccia all’UE che da mesi minaccia sanzioni economiche dinanzi alla legge contro la propaganda LGBTQ+ approvata lo scorso anno.
Fidesz ha presentato il referendum come un voto popolare “a protezione” dei bambini, con questi 4 specifici quesiti presentati agli elettori.
– Sei a favore dell’insegnamento ai minori di temi legati all’orientamento sessuale negli istituti di istruzione pubblica senza il consenso dei genitori?
– Sei a favore della promozione di trattamenti di riassegnazione di genere per i minori?
– Sei a favore che ai minori vengano mostrati, senza alcuna restrizione, contenuti media di natura sessuale in grado di influenzare il loro sviluppo?
– Sei a favore che ai minori vengano presentati contenuti multimediali che mostrino la riassegnazione di genere?
L’ufficio elettorale nazionale ungherese ha stabilito che tutte e quattro le domande non hanno raggiunto il quorum richiesto, perché meno del 45% degli elettori aventi diritto ha espresso un voto valido. Molte associazioni contrarie al referendum hanno fatto campagna per l’annullamento delle schede, invitando gli elettori a renderle nulle. Addirittura 1,6 milioni di voti, quasi un terzo del totale, sono stati ritenuti non validi. Un’enormità, nonché uno schiaffo in faccia ad Orban che puntava al referendum per trarne forza in Europa.
Tuttavia, il 90 per cento dei voti validi ha votato ‘NO’ a tutte e quattro le domande. La legge in questione già oggi vieta qualsiasi materiale con personaggi gay o veicolante un qualsiasi tipo di supporto alla comunità LGBT+ che possa essere visto da minori. Qualsiasi contenuto che mostri relazioni LGBT+, una transizione verso un altro genere, o immagini della bandiera arcobaleno sarà ora etichettato come “non raccomandato per i minori di 18 anni” e potrà essere trasmesso in televisione solo tra le 22 e le 5 del mattino.
Referendum o meno la legge rimane attiva, per quanto affondata dall’UE e da un gruppo di esperti indipendenti di diritto costituzionale che ha certificato come vìoli gli standard internazionali sui diritti umani. L’Unione Europea ha da tempo avviato un’azione legale nei confronti dell’Ungheria, sostenendo che la tanto contestata legge è contraria alla libertà di espressione e di informazione, nonché alla libertà di prestazione di servizi e di circolazione delle merci.
Dopo il trionfo elettorale di Orban, la Commissione Europea ha ufficializzato che utilizzerà contro l’Ungheria il nuovo meccanismo che lega l’emissione dei fondi europei al rispetto dello stato di diritto da parte degli stati membri. Parola di Ursula von der Leyen. Questo vuol dire che i fondi del bilancio pluriennale dell’Unione Europea potranno essere ridotti dinanzi ad un Paese che ha scarso rispetto dello stato di diritto. Minacce, per ora, che diverranno realtà da qui a nove mesi se Orban non farà un passo indietro. Il Consiglio dell’Unione Europea potrebbe ridurre i fondi destinati al governo ungherese, con un voto dei 27 Paesi a maggioranza qualificata. Dal 2014 al 2020 l’Ungheria ha ricevuto 27 miliardi di euro. L’UE potrebbe intervenire anche sui soldi sul piano nazionale di ripresa e resilienza post-Covid. L’Ungheria ha chiesto 7,2 miliardi di euro di sussidi dal Recovery fund. Per ora congelati.
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