Sembrava che l’invasione dell’Ucraina da parte dell’amico Vladimir Putin potesse aver deviato la campagna elettorale d’Ungheria, ma Viktor Orbán ha nuovamente vinto le elezioni, ottenendo il 4° mandato consecutivo da premier, il 5° se si considera la presidenza 1998/2002. Con il 53% dei voti ottenuti Fidesz, suo partito, ha ottenuto 135 seggi su 199 e sconfitto la galassia chiamata opposizione che pur di batterlo si era riunita sotto un unico tetto, abbracciando sinistra, ambientalisti, liberali e conservatori, tutti insieme appassionatamente arrivati al 35% e con il cattolico moderato Peter Marki-Zay incapace di defenstrare Orbán, che aveva centrato l’intera campagna sulla propria persona.
Un indiretto referendum dopo lo scontro frontale con l’Unione Europea sul rispetto dello stato di diritto e le leggi omotransfobiche, che hanno portato il quasi 60enne Orban ad ideare un ‘reale’ referendum con 4 ad hoc a conferma delle proprie contestatissime decisioni. Ed è qui che Orban è inciampato, perché nessuno dei 4 quesiti referendari ha raggiunto il quorum, con un boom di schede nulle. Solo nella capitale Budapest il premier è uscito nettamente sconfitto, con l’opposizione unita riuscita a vincere 16 collegi su 18. Situazione opposta nel resto del Paese: fuori dalla capitale Orbán ha vinto 86 collegi su 88 (e l’opposizione i restanti 2). Da segnalare il risultato ottenuto dall’estrema destra, che ha strappato addirittura il 6,5% sul piano nazionale.
Negli ultimi sei mesi il premier ungherese ha elargito aiuti diretti ai cittadini per cinque miliardi di euro, mettendo a serio rischio la stabilità economica dell’Ungheria, come segnalato dal Sole24Ore. Questo e altro pur di mantenere il proprio potere per altri 4 anni, con l’ultradestra europea che canta vittoria dinanzi ad un’Ungheria che proprio non parrebbe voler uscire da una pagina politica sempre più cupa. “Abbiamo vinto contro il globalismo. Contro Soros. Contro i media mainstream europei. E anche contro il presidente ucraino Volodymyr Zelens’kyj”, ha festeggiato nella notte Orbán, burattinaio della stampa nazionale da lui quasi totalmente controllata e autore di una legge elettorale pensata a sua immagine e somiglianza, con denunce di brogli e schede bruciate trovate in Romania.
12 anni di propaganda sono evidentemente serviti a qualcosa, con non pochi ungheresi convinti che l’eventuale vittoria dell’opposizione avrebbe trascinato il Paese in guerra contro la Russia, come abilmente sostenuto da Fidesz. “Abbiamo difeso l’indipendenza e la libertà dell’Ungheria, la pace e la sicurezza e, si spera, i bambini e le famiglie. Ha vinto la politica conservatrice, questo non è il passato, questa è l’Europa del futuro“, ha concluso Orban.
Il voto referendario fortemente voluto dal premier riguardava la cosiddetta “legge contro la propaganda LGBT+“ approvata lo scorso anno e ampiamente criticata dall’Unione Europea, con minacce di sanzioni e ripercussioni economiche. La legge in questione già oggi vieta qualsiasi materiale con personaggi gay o veicolante un qualsiasi tipo di supporto alla comunità LGBT+ che possa essere visto da minori. Qualsiasi contenuto che mostri relazioni LGBT+, una transizione verso un altro genere, o immagini della bandiera arcobaleno sarà ora etichettato come “non raccomandato per i minori di 18 anni” e potrà essere trasmesso in televisione solo tra le 22 e le 5 del mattino. Il fallito voto referendario NON cancella la legge, come detto già attiva, ma nega quel marchio popolare che il premier sognava di ottenere come risposta all’UE che ha minacciato sanzioni esemplari nel caso in cui non dovesse essere abrogata.
Sul carro di Victor Orban, in piena notte, è presto salito Matteo Salvini, che ha così celebrato la conferma del premier ungherese: “Da solo contro tutti, attaccato dai sinistri fanatici del pensiero unico, minacciato da chi vorrebbe cancellare le radici giudaico-cristiane dell’Europa, denigrato da chi vorrebbe sradicare i valori legati a famiglia, sicurezza, merito, sviluppo, solidarietà, sovranità e libertà, hai vinto anche stavolta grazie a quello che manca agli altri: l’amore e il consenso della gente. Forza Viktor, onore al libero Popolo ungherese”.
La destra europea festeggia anche in Serbia, con il filo-putiniano Aleksandar Vucic rieletto presidente con circa il 60% dei voti. Sconfitti Zdravko Ponos, candidato dell’opposizione unita che ha ottenuto il 17,7%, e Milos Jovanovic del movimento Nada (Speranza per la Serbia), fermo al 5,9%.
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