Unioni civili: ha fatto discutere una notizia lanciata da alcuni quotidiani e diffusa nelle ore scorse. Nei moduli predisposti dall’anagrafe di Milano si chiede alle due persone che vogliono costituire l’unione civile se “intendano volere assumere il cognome comune”. E si chiede loro di dichiararsi “consapevoli che il cambiamento del cognome comporta il cambiamento del codice fiscale”.
In sostanza se la coppia decide di adottare il cognome comune si va incontro ad un “cambio d’identità”, che comporta alcune difficoltà non indifferenti: “La posizione Inps dovrà essere rivista, come i contratti a lui intestati, compreso il mutuo con la banca. Dovrà rifare passaporto e carta d’identità. E dovrà dimostrare di essere proprietario della propria casa. L’azienda per cui lavora potrebbe avere difficoltà a inviargli lo stipendio e i creditori potrebbero non sapere dove cercarlo“, spiega l’avvocato Stefania Santilli a Repubblica.
La questione è stata parzialmente chiarita: il Ministero della Giustizia avrebbe già messo a punto i decreti attuativi, che sarebbero stati già “concertati” (approvati) dai altri ministeri interessati. I nuovi testi, come spiegano le stesse fonti del Ministero, “non prevedono variazioni anagrafiche” per chi opta per il doppio cognome: non si sa però cosa prevedano per chi sceglie il solo cognome comune (ricordiamo infatti che la scelta del doppio cognome, e cioè di anteporre o posporre il cognome del partner al proprio, è eventuale e conseguente a quella del cognome comune). Si dovrà quindi aspettare che questi decreti, di competenza del ministro della Giustizia Andrea Orlando, vengano approvati definitivamente ed emanati per capire in che modo risolveranno il problema.
Il dato che va sottolineato è che in ogni caso “la scelta del cognome è stata mutuata dalla legge tedesca: e’ un segno di identificazione molto forte dell’unione e resta comunque una libera scelta“, come ricorda Angelo Schillaci di articolo29.it. “Comunque la possibilità di scelta del cognome in una unione civile anticipa lo spirito di quello che ci chiede l’Europa, ovvero che non ci siano regole automatiche o tradizionali“.
Non è quindi tanto l’aspetto “discriminatorio” di questo vacuum, che non sussiste, a dover essere sistemato: sono le difficoltà burocratiche, che una scelta libera e consapevole di questo tipo potrebbe comportare alla coppia, che vanno regolamentate in modo più preciso. Si aspettano quindi i decreti legislativi definitivi che, come dichiarato dal ministro, potrebbero arrivare in anticipo rispetto ai tempi (LEGGI >).
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