"Esistenza nella storia personale di rapporti omosessuali". Così si legge sul foglio appeso alla potta della sede Avis di Somma Lombardo, in provincia di Varese, che elenca chi deve essere escluso dalla donazione del sangue. I gay – sani, si intende – sono in compagnia dei sieropositivi, di chi ha contratto l’epatite, sifilide o altre malattie sessualmente trasmissibili, ha assunto droghe ecc.
A rendere nota la vicenda è un giovane donatore del varesino che ha dato prova fotografica ad Arcigay della discriminazione che a sua
volta ha reso pubblica la vicenda diffondendo l’immagine del foglio. "È un rifiuto ingiustificato e penoso che viola il principio di non discriminazione sancito dalla Costituzione e che non ha riscontro nei dati scientifici", dicono dall’associazione. Marco Mori, presidente del CIG Arcigay Milano dichiara: "Se ci sono criteri e protocolli nazionali e internazionali che sono completamente disattesi va sanzionato, e subito, chi continua a dire e fare cose sbagliate. Questi comportamenti sono pericolosi, perché creano da una parte discriminazione e dall’altra reiterazione del pregiudizio. "La Lombardia – continua Mori – non fa una decente campagna di prevenzione e informazione da tempo immemore. I nati dagli anni ’90 in poi non sanno niente su malattie sessualmente trasmissibili, non hanno mai avuto un’educazione all’uso del preservativo. Questa Lombardia che vanta eccellenze e progresso come qualcuno vuol fare credere, in realtà assomiglia sempre di più ad principato di tipo medioevale, oscurantista e reazionario che sta combinando solo danni. E da troppo tempo."
Casi di esclusione dei gay dalle donazioni di sangue emergono ciclicamente. E’ accaduto ad un donatore con un passato di oltre 20 prelievi al Gaetano Pini di Milano. e ad un altro ragazzo di Milano ma al Policlinico. Il Sud non è certo immune da simili paure: nel 2007, a Taranto, un donatore si sentì dare della "prostituta" dopo aver dichiarato di essere gay. L’ultimo caso noto di discriminazione risale a fine ottobre 2011, quando all’Umberto I di Roma, fu negata la possibilità di donare il sangue ad una 39enne lesbica, convivente e monogama.
Dal 26 gennaio 2001, quando l’allora ministro della Sanità Umberto Veronesi abolì con un decreto il divieto introdotto dal predecessore Francesco De Lorenzo (in foto) nel 1991, le strutture sanitarie dovrebbero compiere anamnesi basate sui comportamenti a rischio, a prescindere dalle categorie e quindi dal proprio orientamento sessuale. Persino il successivo Ministro Storace (quello che alla domanda «dica qualcosa di destra» rispose «ah frocio !»…) deplorò che si continuasse a vietare la donazione ai gay ed in occasione del rifiuto da parte del Policlinico di Milano aprì una inchiesta perché ipotizzava che nel rifiuto potessero esserci risvolti penali per il medico. A volte qualche esponente politico torna a chiedere il ripristino dell’abolizione come fece nel 2010 Girolamo Sirchia ma fortunatamente alle urla antiscientifiche non seguì mai il ripristino del divieto introdotto da De Lorenzo.
di Daniele Nardini
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