Bones and All, recensione. Fame d’Amore by Luca Guadagnino

Taylor Russell e Timothée Chalamet giovani cannibali tra le strade di un'America anni '80, tra passato, presente e futuro di sangue.

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Taylor Russell (left) as Maren and Timothée Chalamet (right) as Lee in BONES AND ALL, directed by Luca Guadagnino, a Metro Goldwyn Mayer Pictures film. Credit: Yannis Drakoulidis / Metro Goldwyn Mayer Pictures © 2022 Metro-Goldwyn-Mayer Pictures Inc. All Rights Reserved.
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4 anni dopo il sabba di sangue del divisivo e chiacchierato Suspiria, Luca Guadagnino torna in concorso alla Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia con un altro anomalo horror, Bones and All, adattamento dell’omonimo romanzo di Camille DeAngelis. Chiusa la prima “trilogia del desiderio”, composta da Io sono l’amore (2009), A Bigger Splash (2015) e Chiamami Col Tuo Nome (2017), Guadagnino parrebbe averne inaugurata una nuova, ritrovando sul set Michael Stuhlbarg e Timothée Chalamet, padre e figlio in Call Me by Your Name qui rivisitati e corretti in chiave cannibale.

Siamo nell’America anni ’80 di Ronald Reagan, con due giovani protagonisti ai margini della società costretti a compiere un viaggio emotivo, alla ricerca di loro stessi, di un controllo che appare impossibile, tra un passato difficile da dimenticare e un futuro ancora più incerto. Maren ha da poco compiuto 18 anni, vive con suo papà, che si sposta di città in città insieme a lei. Non ha amici, appare esiliata dal resto dell’umanità. E il perché appare presto in tutta la sua crudezza. Maren ha bisogno di mangiare carne umana, di divorare esseri umani, letteralmente. È nata così. Come tanti altri. Abbandonata dal padre, stanco di dover coprire le sue tracce di sangue, Maren si mette alla ricerca di una madre che non ha mai conosciuto. Ed è qui che incontra Lee, tossico vagabondo dall’animo combattivo e combattuto. Insieme intraprendono un’odissea lungo le strade d’America, in fuga da un passato che inevitabilmente tornerà puntuale a bussare alla porta di entrambi…

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Un road movie, un coming-of-age, una love story, un film horror, un’ode ai diseredati che vivono ai confini del mondo. Bones and All di Luca Guadagnino celebra l’amore nella sua dolcezza e nei suoi eccessi, la necessità di un amore impossibile, estremo ma inevitabile.

Taylor Russell, 28enne qui assolutamente credibile negli abiti di un’adolescente, esprime forza e tenerezza, paura e desiderio. Timothée Chalamet, sporco come mai fino ad ora, fa la sua comparsa solo dopo mezz’ora di film e mai più lo abbandona, dando spessore ad un ragazzo allo sbando, fuggito dalla città natale dopo aver compiuto qualcosa che non riesce a cancellare dalla propria memoria. Maren e Lee si trovano per caso, si annusano, si capiscono, si specchiano l’una nell’altro, si innamorano, alla ricerca di un posto in un mondo che non riesce a tollerarli, perché diversi, deviati, pericolosi.

Pur conducendo lo spettatore al limite, con scene estremamente cruente, corpi smembrati e divorati tra zampilli di sangue, Guadagnino tiene fortunatamenre la rotts di un film brutale e al tempo stesso commovente, pennellando i lineamenti di un amore palpitante seppur tra mille complicanze. Nell’omofoba America reaganiana travolta dall’AIDS, Bones and All (nelle sale d’America dal 23 novembre) riflette sull’identità e sull’accettazione di sè, sul come riuscire a controllare ciò che si prova, anche se non soprattutto quando tutto ciò viene considerato malato, inaccettabile.

Violentissimo ma al tempo stesso delicato nel costruire un percorso d’amore segnato da malinconici e impauriti sguardi bisognosi d’affetto, Bones and All viene cullato dal pizzicato tema musicale firmato Trent Reznor e Atticus Ross, con due attori su tutti a dir poco soprendenti, perché mai visti in simili abiti.

Un brutto, sporco e cattivo Michael Stuhlbarg, indimenticabile papà di Elio in Chiamami col tuo nome, e soprattutto un terrificante Mark Rylance, ambiguo e viscido mostro dai denti aguzzi e dalla voce stridula. Spaventosa anche Chloë Sevigny, disturbata madre disposta all’inimmaginabile per provare a frenare la propria natura, in un Inferno tra le strade dell’Ohio che Chalamet e Russell affrontano affidandosi l’uno all’altra, con l’amore unico vero “pasto completo” a renderci finalmente liberi. Di essere, di vivere, di “ritrovarci nello sguardo dell’altro“.

Voto: 7,5

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