Cannibalismo e commercio di carne umana: le deliranti teorie del complotto nel libro “Mafia Nigeriana”, scritto da Giorgia Meloni e Alessandro Meluzzi

Dopo "Il Mondo al Contrario" di Vannacci, spunta un altro saggio controverso con un approccio simile. Scritto però dalla premier Giorgia Meloni e dal complottista Alessandro Meluzzi.

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Che il populismo e le teorie del complotto siano elementi profondamente radicati nell’estremismo conservatore, è appurato. Lo abbiamo visto, negli scorsi giorni, conIl Mondo al Contrario” del generale Vannacci, libro che potrebbe presto costare al militare la propria prestigiosa carica a causa delle tematiche ed opinioni estremamente controverse in esso contenute.

Tuttavia, quello di Vannacci non è né il primo – né sicuramente l’ultimo – libro che affronta tematiche delicate e dà loro un’interpretazione più “di pancia” che fondata su basi reali. Mentre l’Italia e il mondo si confrontano con le sfide dell’immigrazione e dell’integrazione culturale, ad esempio, emergono continuamente saggi, pubblicazioni e tesi che cercano di dare una lente attraverso la quale interpretare questi fenomeni.

Purtroppo, non tutti offrono una visione costruttiva. Ed è qui che spunta uno scheletro nell’armadio – che proprio scheletro non è – della premier Giorgia Meloni, ovvero “Mafia nigeriana”, saggio pubblicato a quattro mani nel 2019 con Alessandro Meluzzi, altra figura decisamente controversa nel panorama politico italiano.

Uno scritto che apre numerose questioni relative alla rappresentazione dei migranti e all’approccio politico dell’Italia verso di essi, specialmente ora che chi l’ha scritto detiene la carica di Presidente del Consiglio.

Mafia nigeriana” raccoglie una serie di descrizioni e opinioni che, per molti, rasentano la polemica, se non il razzismo aperto. Meloni e Meluzzi dipingono la popolazione nigeriana in una luce particolarmente negativa, descrivendoli come giganteschi, potenzialmente omicidi e profondamente legati a rituali ancestrali che comprendono il cannibalismo.

I nostri militari vengono aggrediti da nigeriani, poco più che ventenni, giganti, tra i 90 e i 100 chili, certamente non denutriti e sofferenti, bensì palestrati […] potenziali omicidi che vengono spesso scarcerati dai giudici”.

Mentre la letteratura e la ricerca si sono spesso concentrati sui pericoli delle generalizzazioni e degli stereotipi, la narrazione proposta da Meloni e Meluzzi sembra allontanarsi da queste precauzioni.

La teoria del complotto, che suggerisce che ci sia un piano organizzato per “cambiare l’etnia europea per creare l’Eurafrica, non solo riduce la complessità delle migrazioni a una semplice cospirazione, ma pone anche l’Italia e l’Europa in una posizione difensiva.

Un tipo di narrazione che vede l’immigrazione come una minaccia alla cultura e all’identità nazionale non è nuovo nel panorama europeo, ma quando viene promosso da leader politici in posizioni di potere, acquisisce una risonanza particolare.

Le accuse mosse contro gli Yoruba, 40 milioni di persone e il 30 per cento della popolazione nigeriana, sono particolarmente gravi, dal cannibalismo al commercio di carne umana. In “Mafia nigeriana”, Meloni e Meluzzi alimentano un antico stereotipo, che ha radici nelle rappresentazioni coloniali dell’Africa come terra “oscura” e “primitiva”.

[la mafia nigeriana è] un complesso rituale che ha radici antichissime in culture locali che praticano l’omicidio rituale o il cannibalismo e che tutti noi dovremmo conoscere meglio. I cadaveri dei bianchi sono molto graditi, perché la tradizione vuole che il cervello dei bianchi sia molto più facile da domare rispetto a quello dei neri”.

Tale stereotipo non solo perpetua l’ignoranza e la paura, ma rischia anche di danneggiare gravemente le relazioni diplomatiche tra Italia e Nigeria, mettendo in imbarazzo entrambi i paesi sulla scena internazionale.

Ancora più controversa è la dichiarazione secondo cui i nigeriani avrebbero ora il controllo del mercato della droga italiano, avendo spodestato organizzazioni criminali storiche come la camorra e la ‘ndrangheta.

Mentre è innegabile che la criminalità organizzata nigeriana abbia una presenza in Italia, come molte altre organizzazioni criminali internazionali, ridurre la complessa dinamica del crimine organizzato a una semplice questione di etnia è non solo riduttivo, ma anche pericoloso.

La questione fondamentale che emerge da questa polemica è la responsabilità di chi detiene posizioni di potere nel modellare la percezione pubblica e nell’indirizzare il dibattito politico. E, dopo le affermazioni di Vittorio Sgarbi – Sottosegretario di Stato al Ministero della cultura – in difesa del libro di Vannacci, è ben chiaro in che modo la politica attuale tenti di influenzare l’opinione pubblica.

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gaymotel 24.8.23 - 9:56

Secondo voi che fine farebbe la "comunita' gay" italiana se i nigeriani in Italia diventassero milioni ? Io un idea ce l'ho !

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